giovedì 16 gennaio 2025

Emiliano Iandoli: non siamo altro che polvere di strada

Ci riporta qui nella dura realtà terrena, anzi planetaria, Emiliano Iandoli, giovane poeta campano, quando, al contrario di tante speranzose e a volte forse esagerate riflessioni, alcuni affermano che “siamo figli delle stelle”. Sì, alla fine dei conti è vero, siamo il prodotto di evoluzioni stellari, fatti di quella stessa materia che si origina nelle stelle. Ma a ben vedere, siamo ora diventati “polvere di strada”, come afferma Iandoli in un suo accorato testo. Qui si tratta di constatare l’ovvietà dell'attuale degrado sociale e umano, che man mano ci porta alla solitudine, all’isolamento, alla negazione quasi di un antico universo umano fatto prevalentemente di unione, di solidarietà e di condivisioni emotive. E la poesia di Emiliano Iandoli, attenta, esplicita e fluida in questo suo procedere nell’indagine di sé e degli altri, affonda il dito nella piaga, descrivendo bene gli attimi di solitudine davanti a un drink al bar o fumando una sigaretta: momenti di intensa riflessione sul senso della vita, sul suo itinerario di ricerca e di domande che non avranno altra risposta se non dal cuore stesso del poeta e dell’artista.

Proponiamo qui di seguito alcuni suoi testi inediti. Saranno graditi commenti dei lettori e degli amici che ci seguono.


Prima di Mezzanotte


Fisso il tabacco bruciare

sulla punta della sigaretta,

chiedendomi perché l'abbia accesa.

Forse per mitigare il vuoto

di chi non ci sia più

sorseggiando un drink in un bar

di domenica sera;

forse per vedere dissolvere

i pensieri ad ogni boccata di fumo,

oppure per accompagnare

le lancette nella loro marcia.

Ma al momento di allungare la mano

verso il bicchiere, la sigaretta si consuma

e il drink si svuota, lasciandomi privo di una qualche ragione.

Domani, forse, troverò un motivo diverso

per accenderne un’altra.

 

***


È rimasto raso terra il foglio

di giornale mosso su e giù

dal soffio senz’anima di vento

e a sgusciare gli ultimi rantoli

della carta prima del sonno

imperituro nient’altro che il grigio

dell’asfalto col suo vuoto

e un crepuscolo sopra i tetti.

 

***

 

Piove lieve senza odio né amore

 

Piove lieve senza odio né amore

sulla città e per la strada

non si sente alcun sospiro.

Una nausea inspiegabile

mi rode di ogni forza.

Nella stanza la mia sola

compagnia in attesa di un raggio

di sole che avanzi,

è l’oscillare del pendolo.

 

***


Mio simile, fratello mio;

siamo entrambi il frutto marcio

nato dal seme corrotto

impiantato nella terra morta;

figli degli stessi peccati

dei nostri padri, e rivestiti di carne

blanda e viziosa, col capo

rivolto al Signore, osiamo dire:

«Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore... »

Ma a nulla vale l'assoluzione se il lacrimare è vuoto.

Ricorda, fratello mio, mio simile,

non siamo altro che polvere di strada.

Fratello mio, mio simile

a che pro seguire i falsi e bugiardi idoli?

 

***


Insieme nell’eterno

 

Del primo amore che suonò

Sul mio labbro

                incrocerò gli occhi

quando verrà la morte e il suo abbraccio

Si ricongiungerà la mano

                               alla mano

e il figlio che ha tanto atteso

tornerà lieto al suo seno

                             insieme nell'eterno.


Emiliano Iandoli, nato ad Ascoli Piceno, è laureato in Lettere Moderne presso l'Università degli Studi di Salerno, dove attualmente prosegue il suo percorso accademico in Filologia Moderna, curriculum Didattica e Ricerca. Di recente è avvenuta la pubblicazione della sua tesi di laurea triennale, dal titolo L'arte di saper far politica: il Conte e il Cancelliere, sul sito web dell’Associazione “Amici della Fondazione Camillo Benso di Cavour” di Torino, mentre risale al 2021 la pubblicazione di alcuni testi poetici all’interno di una silloge denominata “Isole. Collana poetica. Vol. 31”, promossa dalla Dantebus edizioni di Roma. I campi d’interesse sono la Storia, con una particolare attenzione al periodo Otto-novecentesco e la Letteratura italiana moderna e contemporanea.

martedì 14 gennaio 2025

Il "Banchetto con melagrana" di Maria Benedetta Cerro

 

“Banchetto con melagrana nasce come esperienza totalizzante della poesia, che accompagna alla ricerca espressiva e linguistica quella interiore e umana. Negli affetti e negli incontri è la sua manifestazione più profonda”. 
Così esordisce nelle note introduttive del suo recente libro di poesie, Maria Benedetta Cerro, autrice tra le più note e importanti dell’attuale panorama poetico nazionale. Il titolo della raccolta, edita da Gottifredo in Alatri (Fr) nell’ottobre dello scorso anno, “Banchetto con melagrana”, richiama subito il tema primario del suo progetto poetico, ben sviluppato nel libro, e che appunto in questa sua dichiarazione preliminare può essere riassunto. La melagrana è qui verosimilmente simbolo di una unione tra unità distinte: i chicchi, numerosi e succosi, all’interno di un unico grande guscio che li contiene e li raccorda. Analogamente, il banchetto è simbolo di unione e riunione familiare e amicale, laddove tutti i membri di una famiglia o di amici condividono attorno ad un desco imbandito gioia, emozioni, sapori e calori umani.
Nulla di più consono, dunque, nel titolo, a indicare e narrare, attraverso la poesia, le sensazioni e le emozioni molteplici, ma anche i ricordi (molte poesie sono dedicate a incontri, testimonianze, paesaggi e personaggi che hanno animato la vita poetica della nostra autrice in questi ultimi anni), che, come i chicchi del melograno, rivivono sulla pagina, autonomamente ma intimamente collegati.
La poesia, anche qui, è veicolo eccelso di emozioni e di sentimenti, e Maria Benedetta è maestra sublime nel rievocare momenti di intensa affettuosità nei confronti di amici, parenti, persone incontrate in vari ambiti e occasioni letterarie: rievocare e dedicare, come solo con la poesia più alta è possibile, e quella di Maria Benedetta lo è sicuramente, pennello poetico fine e profondo, in grado di attraversare la corporeità delle immagini e dei lineamenti, giungendo fino al candore dell’anima, sapendone poi cogliere gli angoli e gli aspetti più celati, le caratteristiche e le inclinazioni più riposte. Con versi che hanno un alto gradiente lirico, e che attingono a fonti di elevata cultura classica, ma anche versi che si distinguono per una propria originale struttura e tensione propositiva.
Il libro in versi di Maria Benedetta Cerro è un’opera d’arte completa: i segni, la scrittura, il dire, si integra perfettamente con le immagini, le foto, i disegni, in un tutt’uno gradevole, luminoso e saporito. Come una grande melagrana da gustare tutti insieme in un banchetto.

Qui di seguito alcuni brani tratti dal libro.


Serata ferentina

(per Europa Festival, la Concretezza, Ferentino 1998)

 

Alle forme vaghe delle cose la penna

del poeta dà concretezza, all’aereo nulla

egli dona abitazione e nome.

(William Shakespeare)

 

Ho percorso una sera le parvenze del tempo indolore

la ferentina quiete della pietra

che sa di essere abbraccio e levità.

Si stringevano ai fianchi le gentili porte

infittivano i lumi

all’andare calmo di vestale.

Dall’abside solenne

faceva largo intorno il canto della Musa

– le spedite caviglie sui ruvidi selciati

compagne le stagioni perenni e le caduche

il tempo che le pietre e i poeti

fissano entro i limiti angusti di uno zero

o nel dilatato impero del respiro celeste –

Una sera tra le calme mura ferentine

mi agitava un canto indifeso

che spartiva in due l’unità dell’anima

tra infanzia negata e maturità punita.



***

Banchetto con melagrana               per Italo Scelza

 

Ascendeva. Tracciava un’ellisse di fuoco.

La notte temeva il suo corallo

e fuggiva sui capitoli della grazia

come svincolata da nodi prigionieri.

 

Così venne a me l’Angelicato

salendo dal giardino degli ornelli e dalle croci

dei fuochi di Sant’Ambrogio.

Venne a significare l’ascesa

a sciogliere i legacci dei sandali alla luce.

Prima che l’estate ardesse nei suoi riti

indossammo i bracciali dei Masai

e sull’aia battemmo le spighe dell’Averno.

A Supino / una sera / cinquanta candele in un catino di rame

fini fini pomodoro e basilico e notte nei bicchieri.

Ci perdemmo e rinascemmo nomi.

I corpi si sciolsero nell’acqua azzurroverdemare.

Poi la casa contaminata

ospitò i limoni / salvati dagli ovali dei banchetti

nei letti si distese il sole

e la notte si perse nei colori.

Restò la danza dei merli / dove mai più tornò l’Angelicato

e neppure sull’aia battemmo più le spighe dell’Averno.

 

***


Incontro a Nocera                per Carlo Di Legge

 

Fu degli incontri il multiverso.

Breve e lungo

come sono gli attimi che hanno in un lampo il tutto.

Si animò della febbre di Rubina*

della serata carbonara

nella piccola casa labirintica di scale e di soppalchi

– che fu alloggio e vino condiviso

da poeti e giovane cantante –

Ci lasciò la stanza – Carlo – e dormì chissà dove.

L’indomani riscoprimmo il tango

il rito e la regola del gesto

la lingua segreta del sentire

un inizio di tristezza farsi danza.

Sopraggiunsero versi

di qualcosa che è stato e che ritorna

d’archi trafitti da rondini chiaroveggenti

e un Trenta novembre**

che ha fermato tutti i calendari.

 

* Rubina è Rubina Giorgi, filosofa;

** Trenta novembre, poesia di Carlo Di Legge in Multiverso, puntoacapo Ed. 2018



***


Maturità – Autunno – TERRA

 

È grembo

madre

e donna.

Sa che spesso si fugge – complici gli incontri –

ma sempre e soli a lei si torna.

Così si dispare

col dirsi a mente che tutto finisce

e quel che è stato per lo più non conta.

Così le braccia scordano gli abbracci

gli occhi la carezza dei volti

e il sorriso non è utile ai morti.

Il giorno oggi è di poco più breve

ma nel sangue è il tempo di ieri

e dall'anima la luce

in silenzio / si separa.

Conosco i segreti della terra

la vita che perisce e le sue resurrezioni

i tradimenti / le promesse / le separazioni.

Ciò che passa

passa sul corpo con ruote di carro

e tu – alba – sorgi già orfana del mio respiro.

Ma il brindisi è rosso

e il tramonto dai rubini a goccia

pende dai lobi delle finestre a fiori.




Maria Benedetta Cerro è nata a Pontecorvo (1951) e risiede a Castrocielo (FR).
Ha pubblicato: Licenza di viaggio (Premio pubblicazione, Edizioni dei Dioscuri 1984); Ipotesi di vita (Premio pubblicazione “Carducci – Pietrasanta”, Lacaita 1987), nella terna dei finalisti al Premio Città di Penne; Nel sigillo della parola (Piovan 1991); Lettera a una pietra (Premio pubblicazione “Libero de Libero”, Confronto 1992); Il segno del gelo (Perosini 1997); Allegorie d’inverno (Manni 2003, nella terna dei finalisti al Premio Frascati “Antonio Seccareccia”); Regalità della luce (Sciascia 2009); La congiura degli opposti (LietoColle 2012), premio “Città di Arce”; in collaborazione con Sergio Vecchio Poema del merlo cacciatore (Libri del merlo, Nola 2014); Lo sguardo inverso (LietoColle 2018); La soglia e l’incontro (Edizioni Eva 2018); Prove per atto unico (Premio pubblicazione “Vincenzo Pistocchi” Macabor 2023). È presente in diverse antologie, tra cui: Poeti del Lazio, a cura di R. Pellecchia, Forum Quinta Generazione 1988; Melodie della terra, a cura di P. Perilli, Crocetti 1997; Secolo Donna 2020, a cura di Bonifacio Vincenzi, Macabor 2020. Nel marzo 2019 le è stato dedicato il n° 69 della LETTERA IN VERSI, Newsletter di poesia di BOMBA CARTA, bombacarta.com/leattività/lettera-in-versi. Nel luglio 2022, esce da Macabor Editore, a cura di Bonifacio Vincenzi, il Volume Sesto relativo ai POETI DEL CENTRO ITALIA, la cui parte monografica le è stata dedicata con il titolo “Quando la parola trema di eternità”.
Interventi sulla sua poesia sono apparsi su testate giornalistiche, riviste e testi critici, quali: Frammenti di un discorso amoroso nella scrittura epistolare moderna, a cura di A. Dolfi, Bulzoni 1992; La parola ritrovata. Ultime tendenze della poesia italiana, a cura di M. I. Gaeta e G. Sica, Marsilio 1995; G. Linguaglossa, Appunti critici, Edizioni Fabio Croce-Edizioni Scettro del Re 2002; La Ciociaria tra scrittori e cineasti, a cura di F. Zangrilli, Metauro 2004; Amerigo Iannacone, Nuove testimonianze. Interventi critici, Edizioni Eva, 2005; R. Pellecchia, Con le parole/Oltre le parole. Saggi di letteratura contemporanea, Metauro 2007; R. Scrivano, Letture e Lettori. Appunti di critica letteraria, Metauro 2010; R. Pellecchia, D'Annunzio musicus / ed altri saggi con appendice leopardiana, Sciascia Editore 2018.
La sua poetica, accanto alla ricerca espressiva e linguistica, si sviluppa negli ultimi anni intorno al concetto di Sguardo inverso, in relazione alla realtà e all’interiorità, pervenendo alla rappresentazione della Città poetica, come incontro tra identità e alterità.

Maria Benedetta Cerro, Banchetto con melagrana, Gottifredo Edizioni, Alatri 2024, Progetto grafico e interventi manoscritti di Antonio Poce.




Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà