domenica 2 febbraio 2014

Le "Entropie" di Rosemily Paticchio

"Entropie" è una recente silloge della poetessa Rosemily Paticchio, pubblicata in Ebook da "La Recherche.it", un sito frequentatissimo e molto interessante di cultura poetica e letteratura. Avevamo già preso in considerazione, un po' di tempo fa, la poesia della leccese Rosemily Paticchio, proponendo i suoi testi tratti da "Incipio" (L'Arca Felice Edizioni), ma volentieri ripresentiamo ora la sua opera, e ne siamo onorati.
Proponiamo qui di seguito soltanto due brani tratti dalla silloge, che si potrà liberamente scaricare sul sito de "La Recherche": http://www.larecherche.it/librolibero_ebook.asp?Id=153.
Rosemily Paticchio conferma con questa sua nuova silloge la sua particolare attitudine a inglobare in una sola grande sfera la vita del cosmo e la vita dell'uomo nel suo piccolo; il contingente, umano, caduco, quotidiano, è illuminato e sostenuto dalla forza del cosmo, che con la sua "entropia" tende all'equilibrio termodinamico e quindi anche psichico del mondo, della natura e dell'uomo. La piccolezza umana si impreziosisce e può così anche ingigantirsi, quando l'integrazione uomo-cosmo diviene totale e realizzante ("sigillano l’unione del Cielo e della Terra").

I versi della Paticchio riflettono ne loro andamento ritmico questa luce e questi spazi siderei. Ma a questo punto lascerei ai lettori della nostra rubrica altri interessanti spunti di riflessione o graditi commenti.

ENTROPIE (del Sistema Astrale) di Rosemily Paticchio
Opere pittoriche tratte da “Universo” di Sara Giantin
Libri liberi-collana Ebook LaRecerche Edizioni (gennaio 2014)

Anestetica tregua

Nel celarsi di spazi intorpiditi
sonnecchianti su morbidi cuscini
l’aria oscura da tappeti erbosi
domina silenti corpuscoli
apre le serrature fioche
a striature gitane di luce
che tra balze di gonne
incorniciano il vuoto celeste
finché il posto non sarà dell’upupa
notturna sui tetti di legno
i cigolii trafiggono l’intonaco deserto
per quel cielo che sarà sonnambulo
dorme un po’ in transito la schiera angelica
scalzata sul loggione del tempio.
A breve non ci sarà trave che regga
il quadrato delle plumbee stanze
e nuova aria bollente precipiterà
dalle soffitte dismesse
mentre i funamboli restano ancora incerti
se sostare una volta - almeno
sui fili del buio intermittente
o annunciare la fine latente
di anestetica tregua. 

***

Danzalaluna

Danzalaluna in scivolosa liquida emisfera
frastaglia un fuocherello che vuol essere
Ballata Eterna con i tamburi.
Pregano invocano sintonie frenetiche
sussurrano misteriose distanze
invase dal cicalio delle stelle
sigillano l’unione del Cielo e della Terra
vi rivolgono riflessi spenti
a una platea in silenzio
che vanno cantati all’impazzata
tratti a percussioni.
Danzano in rivolta i venti
nell’indistinto brusio d’un equinozio
Danza la luna e la tribù delle Pleiadi volanti.

Rosemily Paticchio è nata nel 1975 nel Salento, dove ha sempre vissuto conseguendo nel 2002 la Laurea in Beni Culturali, esordisce in campo letterario nel 2012 con la pubblicazione della raccolta poetica “Prima che i germi”, nell’ambito del volume antologico “Retrobottega 2” (CFR Edizioni), con saggio critico del poeta Gianmario Lucini. Successivamente, nello stesso anno, pubblica la plaquette di poesie dal titolo “Incipio” per la collana Coincidenze delle edizioni L’Arca Felice, a cura di Mario Fresa. Negli ultimi anni suoi componimenti sono apparsi in varie antologie di Perrone Editore, altri sono stati pubblicati in volumi antologici di concorsi letterari e nell’ambito dei Premi
“Verba Agrestia 2011” (Lietocolle) e “Dal manoscritto al libro 2010” (Perrone). Nell’ottobre 2013 consegue il Premio Astrolabio per originalità del tema nell’ambito dell’omonimo concorso letterario pisano con la presente silloge inedita “Entropie”. Ha pubblicato racconti sulla rivista per ragazzi “Un due tre stella” (Lupo Editore) e collaborato con artisti operanti sul territorio locale, curando i testi creativi di mostre fotografiche e installazioni. Numerosi suoi contributi  poetici sono apparsi su riviste letterarie e litblogs. Attualmente svolge attività giornalistica collaborando con  testate locali occupandosi dei temi di cultura, ambiente e territorio.


martedì 28 gennaio 2014

Caterina Davinio e la poesia del "disordine"

Felicissimo di ospitare in "Transiti Poetici" i componimenti poetici di Caterina Davinio, una poetessa singolare che affonda senza scrupoli e senza falsi pudori la sua lama poetica diritto nel cuore della vita sua e delle persone che ella scruta, osserva nel dettaglio dei loro gesti anche minimi e usuali. Emerge da questi versi concatenati un amore puro per la verità e per il sentimento, scevro da ogni possibile stereotipo e da ogni sorta di pregiudizio. La poesia è verità essenziale che travalica ogni barriera e ogni impedimento, sprizza comunque viva e solare anche da situazioni che possono sembrare scabrose, inopportune. Ed è così la poesia di Caterina Davinio, un canto che si eleva al di sopra degli schemi quotidiani, con forza e luminosità di immagini.

Gli amici lettori che ci seguono sapranno certamente aggiungere altre importanti riflessioni. 

Il suicida

Sul carro del buio
sedevo a stento
quando la notte
si precipitò su di me come un demone
chiedendomi conto
del mio senso.
Dietro ogni finestra
viveva una famiglia
una luce accesa
e io in strada
prendevo bastonate
dalla mia solitudine
tanto che annichilito
lanciai un grido in me
di stupore
come bestia ferita a tradimento,
e spenta come colui che muore,
che deve morire,
vidi le luci correre
sul Lungotevere
e il buio tutto intorno a me.
Le pietre bianche erano spettrali,
volevano la mia fine
e il destino mi spremeva lacrime
come un mantice, una spugna d'aria,
con mani possenti
prive di pietà.
Me ne andai fuggendo
come l'ultimo respiro
ucciso dal momento,
il nulla graffiava forte
nel baratro dov'ero caduto
più povero che mai
e cieco,
senza forze,
ché anche la notte corre
e ha le sue destinazioni
inconosciute,
mentre la mia finiva lì,
e saltai dal ponte.

(Da: “Il libro del disordine”, in Fatti deprecabili. Poesie e performance 1971 - 1996, Premio Tredici 2014).


Il mio amico Demonion

Dopo una dose
rimanemmo al baretto
del più e del meno,
tu aspirante avvocato,
io aspirante niente,
è che avresti voluto amarmi
per una notte
e io tergiversai
perché la mia notte è capricciosa
e tu famigerato tossico di quartiere
non eri nelle mie corde,
il buio tutto intorno
apriva le sue ali su di noi
dinanzi un bicchiere.
Tu ti disamorasti a stento,
io, io ti avrei voluto per puntiglio
per metterti in un elenco
di tipi strani e significativi,
ma l'intimità mi era avversa,
avversa al mio cuore sterile
innamorato di altre vie.
Così andammo
ognuno al suo destino,
tu ubriaco,
io drogata,
nella notte dei bassifondi
dove ci eravamo cacciati,
scesi dalle nostre case di notai
e professori incapaci
dei propri figli traditi,
per una notte bianca di bianco, stupida,
dove rivendicavi una ballerina da night,
quasi una prostituta,
per un abbraccio caldo,
per un abbraccio da niente
che a te sembrava vita sufficiente,
che ti somministrava quel piacere sovrumano
che un uomo addenta come selvaggio,
ella ti diede sesso senza questioni,
senza promesse,
mentre io che cercavo l'eterno mi persi
nelle disquisizioni
che a un uomo non danno pane
né ventura.
Così finì quella notte
e noi tornammo
in case nemiche,
spenti dalla droga,
entrambi
disamorati dell'amore.

***

Al Piper con Chiara, la mia amica

Al Piper rocambolava la notte
di corpi mossi nell'euforia della danza
lei, la mia amica, era depressa
ella vedeva lungo sul proprio disamore
di spacciatrice tenera,
di lesbica chiusa alle speranze,
desiderosa di veleno.
Nel carambolare del night
tra il rumore assordante
volle un gesto seduttivo per il non amore:
mi regalò un pezzo di fumo
tra due dita
come un fiore,
e poi mise la sua lingua nella mia bocca
mostrandomi quanto può essere dolce
la sponda amara,
e io risposi con la mia lingua
che sapeva il rapimento della notte,
di quei suoni che andavano
a rotta di collo per condurti
agli inferi più dolci.
Fu il momento più bello con la mia amica,
un'icona dell'essere perduti,
andati,
e senza rimorsi né
aspettative per questo futuro avaro di note.
Lei era bella come un uomo
con bicipiti e tatuaggi sfrontati,
lei sapeva farti nascere
la voglia di camminare lungo l'asse d'equilibrio
sul baratro di un mondo perso e scostante, nemico,
lei viveva spericolatamente l'ora, e ti trascinava
nel suo abisso così tenero,
tanto che m'innamorai e presi dell'ora il momento,
le dissi che essere amanti era il progetto
di me incapace di fedeltà
con i ragazzi,
ammalata di siringa e di linee,
d'esperienza, di veleni,
vogliosa di voluttà antica, senza nome.
Ciao, amica mia,
serbo il tuo ricordo
in una fotografia del cuore
che nulla dimentica se non momentaneamente:
finì la notte al Piper
e fummo di nuovo amiche
che nella strada andavano
fianco a fianco
cadendo ad ogni passo verso il perdono,
crollando dove colpisce l'eterno
i nostri passi precari sulla terra.

***

Luna di miele

Noi avventurosi di un giorno
sposi promessi dall'errore
che ci accartocciava come foglie fradicie
sollevando vento
e spremendo desiderio,
spinti dagli eventi andammo
al luna park
sha-na-na-na-naaa!
Questa non è l'America,
è un luna park di poveri,
sulle macchine a scontro
piroettiamo in pista tra le luci
e i soldati di colore
come girandole sbattute dal fuoco,
mi ubriacai e fui sola,
sola con te accanto,
ebbi lividi alle ginocchia mentre rabbiosa
viravo contro l'universo
arrabbiato
e il juke-box suonava:
“Questa non è l'America”
e noi andavamo portandoci sulle onde
il nostro fardello di drogati
di tempo e sole;
era il mare di Serapo,
militari americani in vacanza,
era il tuo amore
che nasce sul mio come l'erba cattiva
che si arrampicava sugli specchi
delle nostre ombre.
Il bar risuonava di quelle note
non è l'America
una parte di me morirà
così cominciò la nostra storia di dannati sposi
con una luna di miele in un luna park
tra le caserme alleate
e due birre in un bar,
per poi tornare nell'auto sgangherata
rombante i suoi tuoni
e ridere,
questa non è l'America,
e mi spezzavo nel niente,
mi dicesti che mostrare
l'amore è vile e vulnerabili ci fa e senza senso,
perdenti e umiliati a noi stessi e all'amato
ma io non seppi nascondere
le mie miserie
la mia povertà di ultima
le mie lacrime di ammalato,
di principiante.
Così mi colpisti sul volto stremato
con parole
come coltelli,
nella camera d'albergo da poco
su quel lungo, lunghissimo lungomare
di una città spicciola di frontiera.
Questa non è l'America,
fratello, fu la prima volta
in cui, d'innumerevoli,
mi facesti male,
come fa male un chiodo,
come logora un nodo,
come schiaffeggia una mano cattiva,
e la povertà ci rese giustizia
come una foglia
nel vento.

Da: Caterina Davinio, “Il libro del disordine”, in Fatti deprecabili. Poesie e performance dal 1971 al 1996, Premio Tredici 2014 (in corso di pubblicazione).

Caterina Davinio (Foggia 1957), tra i pionieri della poesia digitale, ha esposto in oltre trecento mostre internazionali, tra cui sette edizioni della Biennale di Venezia ed eventi collaterali, la Biennale of Sydney, la Liverpool Biennial (Independents), la Biennale de Lyon, la Athens Biennial, la New Media Art Biennial di Merida, e molte altre. Inclusa in pubblicazioni e collezioni italiane e straniere d'arte, letteratura e avanguardie, ha ricevuto premi in Italia e all'estero per l'attività letteraria e artistica. Ha pubblicato i romanzi Il sofà sui binari (2013), Còlor còlor (1998); per la saggistica: Tecno-Poesia e realtà virtuali (2002) e la raccolta di scritti sulla net-poetry Virtual Mercury House (2012); in poesia: Aspettando la fine del mondo (2012), premio speciale Astrolabio per l'originalità del testo, Il libro dell'oppio (2012), finalista nel XXV Premio Camaiore e nell'XI Premio Città di Sant'Anastasia, Fenomenologie seriali (2010), terzo classificato nel Premio Carver e menzione speciale nel Premio Nabokov. In corso di pubblicazione: Fatti deprecabili. Poesie e performance 1971-1996, Premio Tredici 2014.

giovedì 23 gennaio 2014

Una poesia di Plinio Perilli

Con molto piacere pubblico qui di seguito una poesia di Plinio Perilli, noto poeta, saggista e critico letterario romano.
E' una poesia che Plinio ci ha inviato in occasione delle recenti festività natalizie, per farci riflettere sulle banalità e sui falsi valori che, specialmente in queste ricorrenze, risaltano ancor di più. E' una poesia diretta, sincera, ironica, scritta con grande verve creativa e con un linguaggio colto. Grazie, Plinio!




L'UMILTA' IN E-BOOK
(e il Natale in store digitale...)

L'Umiltà in e-book! Umilità globale...
che oggi mi distoglie, eppure ci richiama,
pulsante come una strana luce lontana
che annette, "tagga" pastorelli e Re Magi, 
giornalisti e migranti, alla capanna elettronica
di quest'immenso, inquieto twitter/presepe,
dove fedeli e "valori" - scrive il "Corriere" a mo' 
d' enciclica laica, francescana cometa di 
trasparenza - pacificano ogni dissidio, e sono, 
sic!, disponibili in tutti gli store digitali...


L'Umilità di tutti, amplificata a tutti...
Ma il suo megafono resta il silenzio,
in questo brullo, freddo Cuore/caverna
dove ci inginocchiamo solo col pensiero,
profondo e grato, capendo che il vero
amore è appena un gesto, sussurra il senso
d'una poesia che finalmente dismette
le parole, non le sciupa che a mente.

Dove l'Umiltà vige e cresce respiro, ma non 
rito, bisogno e non richiesta, perdono e mai 
rivalsa... L'umiltà degli umili, che non ne parlano,
non chattano prediche - interviste emerite
ai pontefici, news coronate - ma se ne accendono... 
L'unico dono che non si vede, ma neonato ci dona 
il suo Dove. Quell'esserci tutta dentro, tutta dedita 
a tutti, fiato fraterno - travaglio ferito, fiorito di Dio.

Plinio Perilli
Firenze, 29 dicembre 2013

martedì 21 gennaio 2014

La freschezza dei versi di Deborah Daniele

Riprendiamo dopo qualche tempo le pubblicazioni di testi di poesia su questo blog, proponendo i versi di una giovane esordiente del nostro territorio vesuviano, Deborah Daniele.
Dopo una prima esperienza antologica con la nota Casa Editrice "Pagine" di Roma, curata da Elio Pecora, Deborah Daniele ha prodotto alcuni buoni testi ed è stata anche segnalata alla XI Edizione del Concorso Nazionale di Poesia "Città di Sant'Anastasia".
La sua poesia si connota principalmente nella ricerca di valori assoluti e positivi, come l'amore e il raggiungimento di un obiettivo gratificante nella propria vita. Le emozioni alimentano continuamente la sua anima, e da lì fluiscono in versi freschi, misurati e controllati con una buona dose di intelligenza plasmatrice.

Invitiamo ora il lettore attento e gli amici che ci seguono, a voler esprimere un loro gradito commento sui versi di questa nostra nuova giovane poetessa.


Attese

Attese vane
scavano solchi di illusioni.
Fortemente aggrappate all’anima
si agitano.
Contorcendosi attorno alle mura di un cuore
 - maledetto dalla sua stessa natura -
si avvinghiano
abbracciando le paure più dolci.

Attese vane
incidono marchi violenti
con prepotenza
su carni innocenti.

***

Abisso infernale

La paura più dolce
ha sotterrato il tuo fragile cuore 
in un abisso infernale.
Ed intanto…
luci lontane ti mostrano la vita. 
Vorresti uccidere la parte migliore di te
solo per respirare il niente
ma… è la tua natura
che non lo consente.
Amare è il tuo primo nome
essere libera è la strada verso il riscatto interiore.
Il tuo cuore…se solo volessi…
sarebbe pronto a risalire quell'abisso infernale.
Ma è la tua paura più dolce 
che ti impedisce di correre verso l'infinito.

***

Giardini della memoria

Attraverso i giardini della memoria
scorgo angoli acuti
battezzati dal tuo nome.
Frammenti d'infinito
lacerano la mia anima.
 La fragilità
- mia sofferenza -
mi conduce per mano
attraverso i giardini della memoria.
Continuo tormento
intenso gioco al massacro
accarezzando i fiori più belli
ricordo il dolore
lacrime cristalline
e sangue
si mescolano
e dipingo attimi
d'oscurità profonda
sulla tela
dei miei
giorni dannati.
Nei giardini della memoria
angeli e demoni
danzano sulle rovine di ieri
- nel quinto cerchio -
il mio sguardo
altrove
verso nuovi orizzonti.

***

Encomio alle emozioni

L’immenso rinchiuso nella mia essenza
- fragile anima in corazza -
agita dolcemente contrasti interiori.
Dissonanti emozioni scorrono nelle vene
come assetati cavalli bianchi corrono
- senza tregua - stremati verso agognate fonti,
come lame pungono fortemente sotto la pelle
bramando luce.
Nata e morta in un istante di paradiso,
l’immaginazione ridipinge perfezione
rievoca scenari trasudanti vita
che profumano d’amore.
Eco di voci d’infrante promesse
si scagliano contro le mie stanze oramai vuote.
Risorti da un passato
siamo richiamati alla gloria
in questo fiume di lacrime prosciugato
costruiamo l’encomio alle emozioni
respirando la parte migliore di noi stessi.

Deborah Daniele, nata a Pomigliano D’Arco (Na), è laureata in scienze giuridiche. Ha cominciato a scrivere poesie fin dalla tenera età. Attualmente vive con la famiglia a Marigliano (Na) e si occupa di giornalismo, scrivendo articoli e note di cultura per la testata "La Provincia Online.Info".
Sue poesie sono state pubblicate recentemente nell'Antologia "Viaggi Di Versi", Nuovi Poeti contemporanei, ediz. Pagine, con nota di Elio Pecora.
Partecipa ad eventi letterari e ad incontri di lettura di poesie organizzati in varie biblioteche e librerie di Napoli e provincia.

sabato 2 novembre 2013

Per ricordare Domenico Luiso

La parola è un miracolo. La parola poetica è un miracolo ancora più grande. Perché l'uomo se ne va, colui che l'ha pensata e l'ha scritta se ne va, prima o poi, e di lui resta poco, i ricordi, le cose che parlano di lui, qualche impronta, forse a volte anche un lieve soffio d'aria nelle stanze ormai vuote. Ma passa breve tempo e poi anche tutto questo si perde, evapora, sbiadisce.
A che cosa sarà valso tutto l'affanno del poeta, la sua ricerca assidua e a volte sfiancante, la sua sofferenza nel voler a tutti i costi trovare una spiegazione al perché del mondo, al perché dei sentimenti, fissando tutta questa ricerca sul suo taccuino di poeta? Sarà stata solo un'intima esigenza creativa per non essere sopraffatto dall'inspiegabilità razionale della vita e del creato? Dopo la morte del poeta, chi erediterà le sue ricerche? Chi troverà qualcosa di interessante nel suo quaderno, qualcosa di utile per proseguire le ricerche?...
Anche l'opera del poeta, spesso, si inabissa con lui, con la sua fine terrena. Parlo naturalmente dei "comuni mortali poeti", perché grazie a Dio di quelli "grandi" la storia ne parla ancora (ma fino a quando?...).
Domenico Luiso, come tanti altri "comuni mortali poeti", è stato un uomo creativo che ha pensato e scritto tanto, ha fatto tante ricerche. Non so se sia riuscito a trovare qualcosa di esaurientemente soddisfacente, credo di no, perché i poeti, i poeti come lui, non si fermano mai, vanno scavando sempre più in profondità... So per certo, però, che purtroppo la sua voce, come la voce dei tanti altri "comuni mortali poeti", andrà affievolendosi a poco a poco, si perderà nel sacco senza fondo del tempo.
Per questo, forse, bisognerebbe di tanto in tanto ricordarli. Bisogna ricordare Domenico Luiso, farlo riemergere, tenerlo a disposizione sulla scrivania, leggere di tanto in tanto le sue poesie, e rileggerle ancora. Farsi trasportare dalle sue parole, dai suoi versi a volte aspri, a volte dolci, sognatori, amanti del bello e amanti dell'amore. Ascoltare ancora le sue parole fatte di nostalgia, di rimpianto, ma anche di sprone e di speranza.
Lui ha scritto un libro, l'ultimo libro: "Di febbri e di parole". Il male che lo avvinghiava senza tregua non gli ha permesso di sentire il suo profumo fresco di stampa, non gli ha dato tempo di gustarlo rileggendolo e rileggendosi. Lo dobbiamo fare noi. Perché Domenico Luiso, in ultima analisi, non era un "comune mortale poeta", ma era un poeta grande e autentico. Amava scherzare, ma quando scriveva, la sua poesia era terribilmente seria, profonda, solenne.
Non dobbiamo dimenticare Domenico Luiso. Come non dobbiamo dimenticare gli altri amici poeti che abbiamo conosciuto e che nessuno più richiama o nomina: la loro poesia è fatta di piume che vengono trasportate lievemente dal vento, e il vento è il nostro ricordo, il nostro parlarne, il nostro scriverne: così che le loro parole possano depositarsi nei nostri cuori, facendo germogliare altri pensieri, altre creazioni, altre poesie.
E quindi non addio, Mimì Luiso! Ma "arrivederci": la tua poesia è ancora qui, viva e palpitante, come la tua voce con la divertente cadenza barese. Se facciamo un poco di attenzione, ti sentiremo sicuramente, come se fossi tu a leggere le tue belle poesie!

Riportiamo qui di seguito alcune sue poesie tratte dal libro "Di febbri e di parole", Bastogi Editore, 2013, prefazione di Armando Saveriano.
Saranno molto graditi i commenti dei lettori.

Se questa vita

Se questa vita è una piuma sospesa
dentro un'ampolla diafana di carne
reclina il capo il fiore germogliato
dell'odio astioso
e ridiventa amore

muore lo scroscio delle tue mani ossute
e ridiventa una carezza triste

stesa con gli occhi chiusi questa vita
annega nebbie pazze di parole
nelle placide acque di un sorriso

non ha ferite e pieghe nei suoi fianchi

riflette il segno del tuo sguardo amico
e nella bocca muta s'agita lo stelo
del balsamo di un bacio che non muore.

***

La sera lenta

La sera lenta ci veniva incontro
coi suoi cespugli d'ombre e di silenzi
e di noi due seduti a una panchina
non furono più vive le parole

un vento grigio oltre lo steccato
già ci annusava e ci lambiva gli orli
e a noi che fummo ardenti di pensieri
si fecero ricordo anche gli occhi

in quella sera ai margini di noi
ebbe sete di nebbie la lumaca
e fummo un rigagnolo sfumato

di noi rimase la beatitudine
di carne e pietre fattisi stupore.

***

Ottobre

Lattiginoso ottobre alle mie labbra
assorto accosto il tuo vetro opaco
e assaporo lenti sorsi di languore

si fa diafano il clangore nella gola

tra le mie mani il tuo velluto grigio
tra queste mani la memoria lieve
d'ogni parola arsa
d'ogni sete

ottobre pigro che m'invadi gli occhi
con il tuo velo sulle cune rotte
(si fermano le larve del pensiero)

ottobre lento
cuore di me stesso
ottobre muto ottobre ignaro ottobre
sulle tue foglie sparso evanescente

torpido ottobre sui miei rami stanchi.

***

Piuma

Piuma che rivaleggi
col cuore arroventato
un segnalibro forse tu sei che scandisci il vento
dei frenetici fogli del mio libro
pagine brune diventate cenere

diafana piuma, incombusto segno,
mosca scacciata che ritorna sempre

piuma che mi scandisci la lettura
volto ogni pagina e mi trascino dietro
pulviscoli di pena e di paura

piuma assurda e incerta
forse mai morta
forse mai nata
nacqui al posto suo
e forse morirò
bruciando i miei occhi tra le sillabe

eterea piuma lieve come l'alba
che istoriava il mio libro

e la credetti un sogno.

***

Sul muro rabberciato

Sul muro rabberciato il sole lento
s'aggruma
in mille scaglie di sale
che non sentono più il vento

se bisbigliava un'ombra tra le pietre
un'immemore notte la raccolse
spegnendola nell'intimo lamento

l'ondivago mio passo si rafferma
in quel momento
di luci e di parole
calcificati senza movimento

e mi confonde il discorso antico
dell'ennesima morte
della morte

ma sono niente le parole
e il filo
che scorre rampicato sulla china
s'impolvera e si perde

ai miei occhi
resta il veleno aspro dell'abbaglio.

Domenico Luiso è nato a Bari il 10 ottobre 1937 ed è morto il 7 settembre di quest'anno, 2013. Risiedeva con la famiglia a Bitonto, dove ha sempre svolto una intensa attività letteraria, specialmente negli ultimi anni, dando il suo fattivo contributo nell'organizzare importanti eventi culturali ed anche concorsi, come il concorso di poesia e narrativa "Città di Bitonto". Ha pubblicato diversi libri di poesia; l'ultimo, uscito postumo, è intitolato "Di febbri e di parole", Edizioni Bastogi, Foggia, con prefazione di Armando Saveriano.
Domenico Luiso è stato un assiduo partecipante dei concorsi letterari nazionali, e sempre si è distinto in questi, ottenendo molto spesso il primo premio ed altri significativi riconoscimenti. Il suo nome è inserito in numerose antologie e riviste di poesia. E' stato membro di giuria in molti concorsi letterari di rilevanza nazionale.

Il ricordo degli amici

Caro Giuseppe,
Mi dai una tristissima notizia. Anch'io ho avuto modo di conoscere Domenico e di parlare con lui. E ciò in molte occasioni. Voglio solo ricordare un nostro incontro a Sant'Anastasia ed un altro a Vecchiano, quando vinse il Premio "Santa Maria in Castello-Città di Vecchiano". Mi viene in mente la Sua voce e la Sua simpatia. Hai ragione, Domenico resta pur sempre con noi, anche se non materialmente. Le Sue parole e la Sua poesia saranno sempre presenti nei cuori di coloro i quali - ed io sono tra i tanti - hanno avuto modo di ascoltarla e di apprezzarla.
Giovanni Bottaro.

Mi dispiace molto. Siamo stati insieme ad Udine per un premio e partecipò diverse volte al nostro Reali. Molto bravo. Ma le parole restano.
Un caro saluto.
Bruno Bartoletti

Che tristissima notizia! A Mimì mi legano tantissimi ricordi di vita letteraria e poetica nonché un’amicizia che aveva ed ha il suo credo nella spensieratezza e nel rispetto reciproco più profondo. Non un addio ti do, caro Mimì, ma un dolce arrivederci, ricordando il nostro primo incontro a Modena dove tra il serio e il faceto mi chiedesti: “ma come fai a scrivere così…”.
Ho scritto di recente una poesia intitolata: “La morte del poeta” che alcuni conoscono, e che ti dedico dal profondo del mio cuore.
Ciao Mimì, e che ti sia lieve il passare sulla Terra. Benito. Galilea

La notizia della scomparsa di Domenico ci rattrista e ci sconvolge. Lo abbiamo visto l’ultima volta a Porto Recanati l’anno scorso, ma senza Caterina. Ci aveva promesso che sarebbe tornato la settimana successiva a Montefiore, dove doveva ritirare un primo premio, ma a quell’appuntamento non si presentò. Lo ricorderemo com’era, sempre brillante e un po’ guascone, ironico e salace; e certo ricorderemo la sua poesia, musicale, inquieta, visionaria.
Umberto Vicaretti

Caro Vetromile,
l'ho saputo pure io stamani della morte dell'amico poeta D. Luiso. Ci siamo ritrovati insieme in tante competizioni di Poesia. La morte ghermisce senza distinzioni in modo inesorabile. Noi tutti lo piangiamo.
Antonio Coppola

Questa triste notizia mi ha addolorato, benché non conoscessi di persona Domenico Luiso. Ne ho però sempre apprezzata la bravura poetica e la profonda umanità che pervadeva (e pervade) le sue liriche. Hai proprio ragione: la nostra materialità si disfa, ma non la poesia. Se è vera, come quella di Domenico Luiso.
Pasquale Balestriere




Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà