Torna su queste pagine, dopo un po' di tempo, ma sempre frizzante ed attuale, Giancarlo
Serafino, con le sue poesie che sono staffilate potenti, capaci di incidere
profondamente nel tessuto molle dell'indifferenza e dell'apatia. Quello che
serve in poesia è infatti lo scuotimento dei sensi, il pungolo, il
"pizzicotto" che ti fa risvegliare dal torpore indotto dalle
abitudini e dall'omologazione generale. Sono qui proposte le "asimmetriche
coincidenze", un titolo che svela le storture e i paradossi, mettendo
sotto agli occhi (e al cuore) del lettore le verità che non sappiamo mai riconoscere e ribadire, neanche a noi stessi.
Merita, Giancarlo Serafino, una ulteriore ri-lettura per
trarne ancora spunti di riflessione: gli amici, che ringraziamo, sapranno certamente
annotare i loro preziosi commenti.
Asimmetriche coincidenze
Derrate
…e che saremo
mai
stretti nella morsa
con la ciminiera in gola
e tasche in gramaglie?
Se vomitiamo sesso
è che siamo ubriachi di lusinghe
derrate melatoniniche
che ci hanno lucidato il pelo.
…e se poi la
città c’inghiotte
in un feretro di notte
stiamo come fronde corrose
in nere zone industriali.
Muta
Non mi rinfranco.
Mi pesa il cuore ed il cervello.
Richiami di tritoni
lungo la costa dei binari
e passi di cani
ansie
strascicate
da una muta a brandelli
setaccio d’avanzi
del poco amore che mi resta.
Stazione
Fuggivo.
La calma è apparente
ma lo stomaco non mente.
Così ho vomitato nel w.c.
alla stazione.
Teatro aperto
circospetto
all’invasione degli dei.
Allodole
Entrando un odor di zolfo:
invece tu eri con un angelo
bello che era bello
non so quanto divino
spiumato al quadrivio
nel crocchio della circostanza.
Ci guardammo leali
che eravamo tre parentesi
uguali, allodole senza ali.
Bivacco
Cantieri e ciminiere
un parcheggio breve
per spulciarci timori.
Lussureggiando
svuotiamo il sacco
abbandonando
invisibili tracce
di vissuto sul selciato:
rimasugli alimentari
da bivacco, nutrimento
per galassie, sugo
non industrializzato.
Sensori di presenza
Perché tanto timore
per briciole d’amore.
Ora ci muoviamo goffi
sotto i sensori rossi:
scarnifichiamo la presenza
dissolvendo voglie
prova d’assenza
in totale paralisi.
Troveranno involucri
corrosi dalla ruggine
baci di polvere
ombre senza pene.
Fibra
Non so quale sia la ragione,
ma canto se vedo la fibra
che affida il cielo
in abbondanza
ai volti e alle mani.
Come se la mia si fosse esaurita
per i troppi tilt del cuore,
e cieco mi corre un desiderio
di energia
a scoprire il vero
della natura delle cose.
Per pagano intendimento
di bellezza
o
per cristiano asservimento
di colpa.
Attrazione
Se ruotiamo senza collisione
è per legge d’attrazione:
ci guardiamo distanti
da diversi quadranti:
eppure pensavo
che saremmo rimasti invischiati
nell’unto della prassi
ma l’abbiamo evitato
tanto
come aironi tra bitumi
non avremmo mai volato.
Meglio
guardarci senza dirci
rimanendo pure diritti
a leggerci la pelle.
A volte
A volte il desiderio morde
come una medusa
in tranquille acque.
E’ il volo di una capinera
sotto un acquazzone,
uncino di un male
privato e sociale.
Ma liberarsi in un godimento
concilia il sonno
di ogni dio nell’Universo
per quella dimensione naturale
d’incontro di linee
che fanno quadrare brame.
Se amore è dato...
Lievito
Arruffato tra la profusione
dell’oleandro
cesellavo passaggi
d’armonia
tocchetti d’assaggio
nel mare delle mie Termopili.
Certo che morire
è poco saggio
ai piedi di un feticcio!
Ma lievito è
...quel riprendersi del cuore
il battito.
Piccola mia resurrezione!
Gomme bruciate
La bella bocca
solca...
collina o guanciale
ricongiunge
il flusso
tra le due sonde:
così
si annoda
trasversale
il fraseggio di bocche
tra pile annerite
di gomme bruciate.
Atavico rito
Con il sole jojo
che traballa
la testa mi gira
il cuore mi sballa.
Troppo in alto
mi sono arrampicato
su rami di vene.
In basso un manto in rigoglio
da una criniera di seme.
Arricciato stordito
affusolato vacillo
ma non cado.
E’ atavico il rito
di rigenerare il caos
alterando semantiche
interlocuzioni.
Invito ancestrale
per il bronzeo occhio.
Scarabei
In un metro quadrato
eravamo la trinità dell’aro.
Una ventata di sabbia
nella gabbia-guardiola
e una fiamma sola
ad accendere il mare.
Poi tutto è passato
e sono stato a guardare
uno scarabeo stercorario
affaticato a trascinare
una pallottola di futuro.
Forge
Spiga negli occhi
è il tuo pulsare
forse schiavi del mare
se c’inchinammo
in un atto d’amore.
Poi il lento variare
ci dissolse in un limite
di sguardi invalicabile.
Dolce fatica di cercare!
Accumuliamo nel salmastro
forge arroventate
per la fine dell’estate.
Senza tegole
Attratto da un tratto
di scoglio
mi son scoperto
nudo.
Senza tegole
un capriccio di fumo
in libertà.
Ho pisciato
vicino ad un luna park
spento:
la ruota ferma
un omino di pece
rideva
e pioveva, pioveva sulle sue
e sulle mie scoscese.
Un gabbiano mi ha guardato
dal braccio dell’omino
e si è alzato al di là
del mio limbo.
Incertezze
Incerti ci saremmo presi per mano.
Ma fiammammo osservando le paranze da lontano.
Uno scoglio in due. Muti per apparenza
aspettando...
Parlavano solo frangente e gabbiano.
Ma per principio d’evasione
quello scoglio presto fu nuvola
e tradì l’attesa: soffiammo così nell’altezza
sui colori della pelle.
Resta d’aglio
Ci sono posti che
sono altari
e tu sei agnello
in vani
scoperchiati.
E non sai per quale
rito
levighi corpi con la
lingua
per farne un’ostia
di lusinga
un impasto
pellesaliva.
E con l’ombra che
avvolge
se non fosse per il
faro
d’un metronotte
non sapresti dove
esistere
se in fondo al pozzo
o sul bordo d’una
diga.
Si sa: nel mondo usa
e getta
è gran fatica
conservare
il rosario dei
momenti
labili sentimenti a
volte
appesi come resta
d’aglio.
Un balsamo
Bere negli occhi
stille di vita
e leggere tutta la
fatica
di un fiore
tormentato
dalla salsedine.
Nella fronte umida
conchiglia
concava la mia
lingua
per affresco di
frenesia.
Ma tu chi sei?
Dal mare
spumeggiando
m’hai avviluppato in
un uragano
che non promette
sole.
Ma la luce è nello
sguardo
velato da prato
sottomarino
e nel tuo essere tra
gli scogli
un cuscinetto di
timo.
Oh bramosia di un
attimo!
Ti respiro per quel
che basta
un balsamo e tiro
avanti.
Giancarlo Serafino (Campi Salentina 16 Luglio 1950) ha
pubblicato, nel 2003, “Passaggio d’estate”, Zane Editrice, con presentazione di
Giuseppe Vese. Sempre nel 2003 è stato Premio Athena per la poesia “Nenia che
galleggia sull’Adriatico”. Ancora per la Zane Editrice nel 2007 ha pubblicato
“Per canto e per amore” con la presentazione di Giuliana Coppola. Nel 2011, per
i caratteri di CFR edizioni, ha pubblicato “Poesie sociali e civili”, a cura di
Gianmario Lucini, con note di Enzo Rega ed Antonio Spagnuolo. Presente in
antologie nazionali: “Impoetico mafioso” “SalentoSilente”, “La giusta collera”,
“Oltre le nazioni”, “Ai propilei del cuore”, ”A che punto è la notte”,
ultimamente è stato inserito nel primo volume della CFR “Enciclopedia degli
autori di poesia dal 2000”. E' poeta apprezzato nel web, dove sue poesie
appaiono in diversi blog, gruppi letterati e riviste (egli stesso è
amministratore del gruppo “Cenacolo”). Docente e Psicologo vive e lavora a
Lecce.