martedì 26 ottobre 2021

Francesca Innocenzi e il suo "Canto del vuoto cavo"

Cimentarsi in forme poetiche diverse da quelle usuali, come l’haiku e altre espressioni simili, denota da parte dell’autore non solo un grande coraggio (è facile cadere nella superficialità...), ma soprattutto una grande conoscenza e competenza di quello stile. Ne è sicuramente consapevole Francesca Innocenzi, esperta poetessa marchigiana e profonda conoscitrice di culture tardoantiche. La raccolta poetica di cui qui brevemente parliamo, Canto del vuoto cavo, edita da Transeuropa nel corrente anno, è infatti costituita da 40 senryu e da 20 tanka, come recita il sottotitolo, a maggiore chiarimento del fatto che la nostra autrice ha voluto utilizzare una forma che solo per certi aspetti ricorda il tradizionale haiku giapponese, ma che in realtà utilizza di questo soltanto la formula di base (tre versi di cui il primo ha 5 sillabe, il secondo 7 e il terzo di nuovo 5), avendo in sé un più marcato senso di contenuto. Anche il “tanka”, utilizzato dalla Innocenzi nella seconda parte del libro (ma non vi è segno di una netta separazione), è una forma particolare di poesia formata da 5 versi.
Senza però andare più nello specifico o nella tecnica di tali espressioni poetiche, desidero qui semplicemente presentare e proporre questa recente opera della Innocenzi, che è da apprezzare moltissimo, non solo per il difficile compito che certamente ha dovuto affrontare nello scrivere i testi nel pieno rispetto delle regole e degli schemi da osservare, ma soprattutto per la bontà e la profondità di contenuto che ne scaturisce. Leggendo in modo continuo tutte le composizioni, si evidenzia un certo filo conduttore basato proprio sul titolo: canto del vuoto cavo. Vi è sottolineato, in tutta l’opera, un senso di ricerca esistenziale da attuarsi attraverso l’isolamento dalla folla e dai rumori del mondo, per concentrarsi su sé stessi nel silenzio della meditazione: in questo modo, l’utilizzo di forme poetiche simili è perfettamente aderente e consono alla cultura e alla filosofia orientale, che noi “occidentali” purtroppo sottovalutiamo o ignoriamo del tutto.
I pochi versi di ciascuna composizione sono intensamente significativi, racchiudono tutto un mondo e tutta una storia: poche parole ben “sistemate” che armoniosamente dicono un attimo ma raccontano l’eternità e l’infinito. Immagini della realtà, memorie, luoghi, che si trasformano in simboli di vita universali. E come dal vuoto cavo, privo di movimento e di storia, immobile in sé, non sortisce alcun disturbo, alcuna distrazione, così in questi versi della bravissima Innocenzi il vuoto interiore, cavo, limpido, genera un canto sublime ed infinito, mai più frastagliato o inquinato dalla materialità del mondo esterno.


extrasistole

che scende alle ginocchia

da quarant’anni.


padre, tu il primo.

delirio di tormenta,

tonfo nel vuoto

 

 ***

 

coriaceo questo

canto del vuoto cavo

rifranta linea


nera. Tu mise

en abime dell’azzurro,

piuma di pianto

 

 ***

 

pelle di mela

la sera allo specchio

miele che cola


il corpo trema

cosa scartata, molle

sul pavimento

 

 ***

 

on the dark side.

schianto di luna persa

tra i gerani


l’ossesso chiama

spettri di cavo sole

dentro l’abisso

 

 ***

 

[Torino]


La pioggia sfiora

casseforti di case

cruda, a spiare


parole andate

una Olivetti accanto

al davanzale

 

 ***


maggio, racconta

la verità del cuore.

da tanto verde

assorda in silenzio

il parco diroccato

 

***

 

sei così nebbia

che anche le tue parole

di fionda sono

niente, vento caduto

scorie di un fatuo rosso

 

***


le cose stanno

anche se non le vedi.

sul riverbero

sosti, millimetrico

angolo di scacchiera

 

 ***

 

[congedo]


quaranta estati

di tenero amore

per te, mi fosti

spettro e avo, figlio,

mio fratello per sempre


(Brani tratti da: Francesca Innocenzi, Canto del vuoto cavo, 40 senryu doppi / 20 tanka; Transeuropa, 2021)

Francesca Innocenzi è nata a Jesi (An) nel 1980. È laureata in Lettere classiche e dottore di ricerca in cultura di età tardoantica. Attualmente insegna nella scuola secondaria di secondo grado. Ha pubblicato la raccolta di prose liriche Il viaggio dello scorpione (2005); la raccolta di racconti Un applauso per l’attore (2007); le sillogi poetiche Giocosamente il nulla (2007), Cerimonia del commiato (2012) e Non chiedere parola (2019); il saggio Il daimon in Giamblico e la demonologia greco-romana (2011); il romanzo Sole di stagione (2018). Ha diretto collane di poesia e curato alcune pubblicazioni antologiche, tra cui Versi dal silenzio. La poesia dei Rom (2007); L’identità sommersa. Antologia di poeti Rom (2010); Il rifugio dell’aria. Poeti delle Marche (2010). È redattrice del trimestrale di poesia “Il Mangiaparole”. Ha ideato e dirige il Premio letterario “Paesaggio interiore”.




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