martedì 5 novembre 2024

Il Libro del Fuoco in "E S S E", poema di Massimo Monteduro

È sorprendente, e lo affermo con grande soddisfazione e piacere, constatare che sovente la poesia non è costruita su meri moti dell’anima, su ispirazioni improvvise o su dettami e impulsi segreti che premono e urgono e che volentieri si cerca di esternare con versi più o meno significativi. A volte capita di trovarsi di fronte ad un edificio poetico costruito ad hoc, in base ad un progetto ben delineato, con elementi specifici, anche minimi, che si integrano l’uno con l’altro.
È il caso di Massimo Monteduro, salentino, che si presenta al pubblico con questa sua originale raccolta edita da RPlibri di Rita Pacilio, il cui titolo, E S S E (ma andrebbe scritto, come in copertina, ES / SE) dà adito a diverse interpretazioni, psicologiche e filosofiche, incentrando nella radice “es” il significato forse più importante, e cioè la natura dell’io, la sua forza interiore, atta a creare.
Ma tornando alla raccolta, è interessante notare come lo stesso Autore esponga, in modo dettagliato e puntuale, l’origine e il percorso del suo progetto poetico, nato negli anni della sua gioventù, poi interrotto, ed ora ripreso, ma conservando sempre l’idea e il filo conduttore originario, e cioè quello di creare un Poema unico, sviluppato in più capitoli o libri, e attualmente ancora in formazione, tanto è vero che lo stesso Monteduro assicura nelle sue note esplicative la volontà di continuarlo.
E quindi, dopo “Il principio” e il “Libro del Buio”, elaborati tra il 1992 e il 1994, come spiega nelle sue note (Percorsi), Monteduro giunge a quest’opera, il “Libro del Fuoco”, strutturato in 7 parti: un Prologo, Canto della Rosa, Canto dell’Arancio, Canto dell’Oro, Canto del Carminio, Canto della Viola, Epilogo, abbracciando diverse tematiche inerenti all'esistenza, alla vita, ai sentimenti.
La struttura poetica di ciascuna parte o canto, è sempre la stessa: si tratta di uno schema metrico innovativo, originale: il distico saturnio (recuperato, come afferma l’Autore nelle note, da un antico metro latino), il che assicura un ritmo gradevole e armonioso. Qui sta l’ingegno poetico dell’Autore, che ha voluto, appunto, creare questo Poema, utilizzando un metro del tutto originale e appositamente rielaborato allo scopo, motivo questo di grande intuito e di lodevole apprezzamento, nei confronti di chi, come Monteduro, “ingegnerizza” il dettato poetico dotandolo di una struttura valida, bene organizzata e studiata, anziché affidarsi a schemi liberi, generalmente deboli e improvvisati.
Qui di seguito proponiamo per i nostri lettori una parte della raccolta, il "Canto dell'Oro".

Canto dell’Oro

(24 agosto 2018 – 31 dicembre 2021

 

Il sole adora oceani d’ambra sommergendo

l’umanità raggiante di luce d’oro.

 

Reami di opulenza colmano le vene

inquiete di conquista, bramando avanza

 

la giovinezza. Profanando lidi un tempo

proibiti le legioni dell’alterigia

 

il Leviatano innalza verso il predominio.

Gli scrigni imperscrutati dell’Ideale

 

si schiudono dall’universo iperuranio.

Il limite si infrange di territori

 

e popoli, diademi, lingue, riti e vesti:

Vittoria alata celebra l’uomo nuovo

 

di sé splendente, seme libero e fecondo,

materia e forma sinolo nell’ebbrezza.

 

Rinascimento sorge intrepido e possente

a sovvertire il dogma dei monasteri

 

purificando conoscenza da segreto,

per rivelare al centro del cosmo il sole.

 

Necessità rivolve in volontà liberta.

Misura della terra, sezione aurea

 

e circolare perfezione delle membra

dell’individuo artefice di fortuna

 

che signoreggia la natura, e più non trema

dinanzi al drago antico di tuono e d’ombra.

 

Da baratri dipinti di bagliori stelle

si svelano da immense distanze, lente

 

agli occhi assorti di colui che finge abiura

ma non rinnega il muoversi della terra.

 

Le dita dell’umano e del divino unisce

l’artista nel prodigio della creazione,

 

superba mente mutilata di prigioni.

Vampando verso il disco che d’aura inonda

 

perenni monumenti erigono nazioni.

La coppa indora il nettare, lumeggiando

 

veggenze chiare di tessuto e d’equilibrio,

clessidre d’elio, fibre di seta e gioia,

 

virtù dell’intelletto ed onestà gentile.

Muraglie azzurre incolumi caravelle

 

traversano nella scoperta dell’ignoto

intatto mondo, splendido e sterminato.

 

Il genio ha sete del sapere universale

di macchine, sorrisi d’enigma e rocce,

 

in sé ascoltando i ritmi della luce, l’onda

nel tempo di attrazione e di repulsione,

 

i volti umani di colline, boschi e fiumi.

Lo spirito manipola la materia

 

e sfiora trasparendo i limiti del vero

nel telo primordiale della creatura

 

vivente. Rifulgendo osceno il riso incendia

l’autorità di tenebra e i suoi comandi,

 

la freccia meridiana ascende nella gloria

mortale di frammenti d’eterno. Amico

 

dolcissimo che ascolti, verso solitario,

ricordi la fiducia nel tuo sentiero,

 

il tempo in cui appariva tutto una promessa,

il luogo in cui speravi la tua dimora

 

per sempre. Età preziosa quella che pretende

ed osa trasgredire nella Bellezza.

 

Sfidando audacemente il vuoto delle altezze

per le onde dell’oceano vertiginare

 

sicuri del futuro nelle proprie mani,

così come la vela cattura il vento.

 

Amore fonde l’oro nel fatale anello:

in strenuo duello avverse alla finitezza

 

si avvincono dai corpi le anime ferventi

tentando l’impossibile superarsi

 

ben oltre il tempo ostile e l’insensato spazio.

E credono per sempre d’amare, invase

 

dall’assoluto. Di passione folleggiando

romantiche e dimentiche della sorte

 

precipitano all’orizzonte degli eventi.

Sfinite sino a morte si struggeranno,

 

non più individue e pure non ancora une.

L’Aedo canta l’Epica degli Eroi

 

nei circoli del mito, in guerre, in traversate:

esilio, nozze e oltraggio del sire in campo,

 

colui che vide le profondità tra i fiumi,

le stirpi di Bharata, le torri d’Ilios

 

infrante dal veloce piede poi trafitto,

il fuggitivo prode verso l’Italia

 

e la liberazione della città santa,

il libro dei regnanti di Ghazna persi,

 

il cavaliere dalla pelle di leopardo

e l’olifante al soffio dei paladini,

 

i canti del rabab, il viaggio in occidente,

i figli della nebbia, Gesar e Manas.

 

Fu d’oro il vello della nave costellata

e il tempo del ritorno dal sole d’oro

 

strappato fu ai compagni stolti di nessuno.

Dioniso divora nei ditirambi

 

oranti, questo è il mezzogiorno della vita

che culmina! Potenza conflagra in atto

 

ed il reale soggiogato si concede

all’uomo nel Pensiero del Fuoco acceso.

 

Carpire l’attimo eternato dal vanire

in sogno abbacinante di perfezione,

 

rovente nei barbagli del sublime zenit […]

Eppure il male intruso già presagire

 

nell’astro che la ruota amara alla rovina

prepara, l’aspro odore del sangue in petto.

 

Massimo Monteduro, ESSE, Libro del Fuoco, RPlibri Edizioni, 2024

Massimo Monteduro è professore ordinario di diritto amministrativo presso l’Università del Salento e avvocato. Appassionato di poesia sin da bambino, ha vinto nel 1992 il Certamen Horatianum e il Premio di Poesia “Luigi De Donno”. Il Libro del Fuoco è la sua raccolta di esordio. L’opera costituisce la seconda parte di un più vasto poema in corso di composizione intitolato: ESSE



 

Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà