La poesia di Ennio Meloni è dunque un lungo e appassionato canto d’amore, articolato in diverse situazioni e stati d’animo che, complessivamente, l’autore ha ben delineato e, in un certo senso, ordinato nelle tre sezioni. In "Inverno" predomina un atteggiamento di attesa e di ricerca, di ricordi che affiorano alla vista del mare, che qui diventa quasi metafora di un infinito possente e inafferrabile, come il desiderio d’amore non corrisposto. E nel mare il poeta si immedesima, quasi a carpirne il segreto fascino, il suo potere sensuale. Nella seconda sezione “Innaffiar i sogni”, il nostro poeta si sofferma maggiormente su aspetti contemplativi sull’amore, su quello che non è stato e che sarebbe potuto essere (…e m’alzo presto la mattina / per innaffiar i rimasti sogni / nel deserto di sale / che ospito nel petto). Infine, nella terza parte, la più breve ma forse la più significativa, "La tua assenza", l’autore realizza il perduto amore, risalendo dal fondo del cuore e della memoria e rassegnandosi, razionalizzando, in un certo senso, le emozioni e i forti sentimenti provati: “Ed allora, incapace / di lottare, mi arrendo / a questa ferita immane / che è la tua assenza.”
La struttura e lo stile si adattano bene al contenuto, che è alquanto scorrevole; diretto e intenso è il suo dire poetico, ricco di echi e di figurazioni che rafforzano la liricità della narrazione.
Inverno
Passano
i giorni, i mesi, gli anni,
e ancora mi interrogo
se sono le parole, sbagliate,
o il tempo o i modi
che sono errati.
Oppur se è l’indirizzo,
che io continuo a sbagliare.
Ma il risultato è,
indubbiamente, lo stesso:
ti cerco, a mio modo,
e tu non ci sei.
Non riesco a trovarti,
ovunque tu sia.
Io, comunque,
ti aspetto.
E tu?
Davanti al mare
Mentre un teso scirocco mi leviga il viso
mi sorprendo stordito a cercare,
nella linea sottile tra le nuvole e il mare,
i fini tratti del tuo volto sognato,
di miele d’arancio, di castagno fiorito,
la fragranza del pane ch’è appena sfornato.
Ti cerco, impaziente,
nell’aguzzo profilo delle alte colline
che orlano il telo di cielo e di mare,
negli orli di pizzo delle onde lascive
che accarezzan la spiaggia in umida attesa,
nelle nuvole lente che accompagnano il sole
nell’incendio serale a cercare la luna,
nel sentor di elicriso, di pini e lentisco,
nell’aspro ginepro che da dietro le dune
mi riempie la testa di note selvagge.
Esploro con gli occhi gli anfratti di scogli salmastri
pregustando il sapore della pelle sudata,
l’ergersi impavido, la fierezza del seno
che mi innalza, in amore, i capezzoli in bocca.
Assaporo fin d’ora e…
già sento il salato del tuo intimo umore,
salendo i gradini che conducono in cielo
ascoltando ogni fremito che ci trasmette la pelle
ci spingiamo a cercare, avvinghiati, furiosi, assetati
le tumultuose ondate che ci portano al Sole.
Ad essere il Sole.
Poi…
siamo, un unico mare.
Parole e carezze sussurrate
sulla pelle, sulle labbra, sui capelli,
come piccole, lente, silenti
onde che rotolano
sulla sabbia, sdraiata.
La tua assenza
Sale quasi liquida
sommergendo i pensieri,
tra l’un e l’altro s’infila
disarticolando la ragione,
come l’alta marea
che abbraccia la sabbia
e l’annega nel mare,
sale
la sottile e lenta
insostenibil tenerezza
che riempie il mio petto
e m’annebbia la mente:
sale
perché nulla più esiste
se non ti riguarda
se non è tuo ricordo,
nulla sopravvive
al bisogno di te
che sovrano dilaga
in tutto quel che io sono.
Ed allora, incapace
di lottare, mi arrendo
a questa ferita immane
che è la tua assenza.
Le gocce
Sono qui a parlare con il mare
del mio amarti e della tua apparente indifferenza,
mentre piove su strade e parcheggio,
sulla spiaggia deserta e sugli scogli corrosi.
E piove, a scrosci, sull’immenso mare,
vigoroso petto che, eterno, fa sentire il suo respiro.
A volte, gli dico,
sembra che le mie parole, i gesti e anche questi versi
siano per te quell’apparente nulla
che le gocce sono per le impetuose onde
che nel loro fluire e rifluire,
imperturbabili,
continuano ad abbracciar la spiaggia.
Che non sono io.
Sovrano del nulla
Domenica senza il Sole che annuncia già forse
gl’interminabili giorni dell’inverno più buio.
Se scruto ad oriente con gli occhi a fessura
vedo il gelo alle porte e tristezza immanente
nembo cumuli tetri e l’uragano nell’aria
là dove prima splendente brillava
l’immensa tua Luna.
M’attende, ho paura,
di camminare tremante nel giardino che muore,
d’inoltrarmi nel freddo del deserto d’affetti:
sovrano del nulla e pur senza Regina,
contenitore a perdere che nessuno più accetta,
moneta scaduta d’uno stato fallito,
cuore che batte in un petto già morto.
E mi chiedo se ancora, può aver senso restare,
sopravvivere al tempo d’un amore sognato
fortemente sperato difeso e protetto
che mi ha preso ogni fibra e colorato la vita
che è esploso nel cielo ma che non ce la fa
(il tuo sangue difendi) ad avanzare sicuro
nelle strade del mondo.
Testi tratti da:
Ennio Meloni, Davanti al mare, RPlibri, 2023; prefazione di
Ottavio Olita
Ennio Meloni nasce a San Vito a metà del secolo scorso. Vive da tempo a Gonnesa, lungo il litorale del Sud Ovest della Sardegna dove ha fondato e presiede una Associazione culturale che organizza eventi culturali e un premio annuale di poesia “Le strade della poesia”. Appassionato lettore di Neruda è arrivato alla scrittura solo con la piena maturità. Ha pubblicato una raccolta di poesie Centellino amore con LietoColle Editore nel 2009. Sue poesie sono state pubblicate su raccolte poetiche e riviste. Ha pubblicato qualche racconto breve. Le poesie di questa raccolta sono del periodo 2010 - 2017.