giovedì 13 aprile 2023

Il canto d'amore di Ennio Meloni in "Davanti al mare", RPlibri

Davanti al mare è la recente raccolta poetica di Ennio Meloni, autore di origini sarde e dedito ad attività culturali molto impegnative sul suo territorio, il che conferma ulteriormente la sua proficua frequentazione del mondo della scrittura, e in particolare della poesia. RPlibri di Rita Pacilio ha accolto con entusiasmo questo progetto poetico del Meloni, ospitandolo nel suo ricco e qualificato catalogo. Si tratta di una raccolta omogenea, divisa in tre sezioni (Inverno, Innaffiar i sogni, La tua assenza), dove è prevalente un forte sentimento d’amore nei confronti di una donna, che mai viene nominata né identificata precisamente nei luoghi e nei tempi, ma soltanto evocata, ricordata, attraverso le innumerevoli figurazioni e immagini che fungono, in qualche modo, da scenario.
La poesia di Ennio Meloni è dunque un lungo e appassionato canto d’amore, articolato in diverse situazioni e stati d’animo che, complessivamente, l’autore ha ben delineato e, in un certo senso, ordinato nelle tre sezioni. In "Inverno" predomina un atteggiamento di attesa e di ricerca, di ricordi che affiorano alla vista del mare, che qui diventa quasi metafora di un infinito possente e inafferrabile, come il desiderio d’amore non corrisposto. E nel mare il poeta si immedesima, quasi a carpirne il segreto fascino, il suo potere sensuale. Nella seconda sezione “Innaffiar i sogni”, il nostro poeta si sofferma maggiormente su aspetti contemplativi sull’amore, su quello che non è stato e che sarebbe potuto essere (…e m’alzo presto la mattina / per innaffiar i rimasti sogni / nel deserto di sale / che ospito nel petto). Infine, nella terza parte, la più breve ma forse la più significativa, "La tua assenza", l’autore realizza il perduto amore, risalendo dal fondo del cuore e della memoria e rassegnandosi, razionalizzando, in un certo senso, le emozioni e i forti sentimenti provati: “Ed allora, incapace / di lottare, mi arrendo / a questa ferita immane / che è la tua assenza.”
La struttura e lo stile si adattano bene al contenuto, che è alquanto scorrevole; diretto e intenso è il suo dire poetico, ricco di echi e di figurazioni che rafforzano la liricità della narrazione.



Inverno

 

Passano

i giorni, i mesi, gli anni,

e ancora mi interrogo

se sono le parole, sbagliate,

o il tempo o i modi

che sono errati.

Oppur se è l’indirizzo,

che io continuo a sbagliare.

Ma il risultato è,

indubbiamente, lo stesso:

ti cerco, a mio modo,

e tu non ci sei.

Non riesco a trovarti,

ovunque tu sia.

Io, comunque,

ti aspetto.

E tu?

 

 ***

 

Davanti al mare

 

Mentre un teso scirocco mi leviga il viso

mi sorprendo stordito a cercare,

nella linea sottile tra le nuvole e il mare,

i fini tratti del tuo volto sognato,

di miele d’arancio, di castagno fiorito,

la fragranza del pane ch’è appena sfornato.

Ti cerco, impaziente,

nell’aguzzo profilo delle alte colline

che orlano il telo di cielo e di mare,

negli orli di pizzo delle onde lascive

che accarezzan la spiaggia in umida attesa,

nelle nuvole lente che accompagnano il sole

nell’incendio serale a cercare la luna,

nel sentor di elicriso, di pini e lentisco,

nell’aspro ginepro che da dietro le dune

mi riempie la testa di note selvagge.

Esploro con gli occhi gli anfratti di scogli salmastri

pregustando il sapore della pelle sudata,

l’ergersi impavido, la fierezza del seno

che mi innalza, in amore, i capezzoli in bocca.

Assaporo fin d’ora e…

già sento il salato del tuo intimo umore,

salendo i gradini che conducono in cielo

ascoltando ogni fremito che ci trasmette la pelle

ci spingiamo a cercare, avvinghiati, furiosi, assetati

le tumultuose ondate che ci portano al Sole.

Ad essere il Sole.

Poi…

siamo, un unico mare.

Parole e carezze sussurrate

sulla pelle, sulle labbra, sui capelli,

come piccole, lente, silenti

onde che rotolano

sulla sabbia, sdraiata.

 

 ***

 

La tua assenza

 

Sale quasi liquida

sommergendo i pensieri,

tra l’un e l’altro s’infila

disarticolando la ragione,

come l’alta marea

che abbraccia la sabbia

e l’annega nel mare,

sale

la sottile e lenta

insostenibil tenerezza

che riempie il mio petto

e m’annebbia la mente:

sale

perché nulla più esiste

se non ti riguarda

se non è tuo ricordo,

nulla sopravvive

al bisogno di te

che sovrano dilaga

in tutto quel che io sono.

Ed allora, incapace

di lottare, mi arrendo

a questa ferita immane

che è la tua assenza.

 

 ***

 

Le gocce

 

Sono qui a parlare con il mare

del mio amarti e della tua apparente indifferenza,

mentre piove su strade e parcheggio,

sulla spiaggia deserta e sugli scogli corrosi.

E piove, a scrosci, sull’immenso mare,

vigoroso petto che, eterno, fa sentire il suo respiro.

A volte, gli dico,

sembra che le mie parole, i gesti e anche questi versi

siano per te quell’apparente nulla

che le gocce sono per le impetuose onde

che nel loro fluire e rifluire,

imperturbabili,

continuano ad abbracciar la spiaggia.

Che non sono io.

 

 ***

 

Sovrano del nulla

 

Domenica senza il Sole che annuncia già forse

gl’interminabili giorni dell’inverno più buio.

Se scruto ad oriente con gli occhi a fessura

vedo il gelo alle porte e tristezza immanente

nembo cumuli tetri e l’uragano nell’aria

là dove prima splendente brillava

l’immensa tua Luna.

 

M’attende, ho paura,

di camminare tremante nel giardino che muore,

d’inoltrarmi nel freddo del deserto d’affetti:

sovrano del nulla e pur senza Regina,

contenitore a perdere che nessuno più accetta,

moneta scaduta d’uno stato fallito,

cuore che batte in un petto già morto.

E mi chiedo se ancora, può aver senso restare,

sopravvivere al tempo d’un amore sognato

fortemente sperato difeso e protetto

che mi ha preso ogni fibra e colorato la vita

che è esploso nel cielo ma che non ce la fa

(il tuo sangue difendi) ad avanzare sicuro

nelle strade del mondo.


Testi tratti da:

Ennio Meloni, Davanti al mare, RPlibri, 2023; prefazione di Ottavio Olita


Ennio Meloni nasce a San Vito a metà del secolo scorso. Vive da tempo a Gonnesa, lungo il litorale del Sud Ovest della Sardegna dove ha fondato e presiede una Associazione culturale che organizza eventi culturali e un premio annuale di poesia “Le strade della poesia”. Appassionato lettore di Neruda è arrivato alla scrittura solo con la piena maturità. Ha pubblicato una raccolta di poesie Centellino amore con LietoColle Editore nel 2009. Sue poesie sono state pubblicate su raccolte poetiche e riviste. Ha pubblicato qualche racconto breve. Le poesie di questa raccolta sono del periodo 2010 - 2017.



martedì 11 aprile 2023

La poesia dell'"Incontro" in Margherita Parrelli

Poesia è, a volte, anche mettersi in gioco, sperimentare e rievocare il proprio umore, i propri ricordi, le emozioni, ricostruendoli con una materia spirituale fatta di parole e di versi: materia spirituale, sì, perché ritengo questa espressione ossimorica aderentissima al fare poesia, laddove occorre attingere dal segreto (vedi Ungaretti!) che ognuno custodisce in sé, dal subbuglio che alimenta i nostri dubbi e le nostre aspettative, per esplicarli su un piano che va oltre, certamente, la mera fisicità della nostra realtà quotidiana. (Lo spessore della parola poetica permette infatti di estendere i concetti e i significati, con echi, rimandi e allusioni…). Incontro, di Margherita Parrelli, profonda e corposa silloge poetica, ha proprio queste significative caratteristiche di recupero degli strati e delle dimensioni più intime, al fine di attualizzarli nella contemporaneità del vissuto quotidiano. Incontro tra anime del passato, come la figura della madre rievocata in più sezioni, e alla quale è dedicata la raccolta, e anime del presente, come la stessa autrice, o anime contemporanee che l’occhio attento della nostra poetessa indaga fin nel loro più intimo palpitare di umanità.
Incontro è dunque una lunga vicenda poetica, narrata in una raccolta omogenea di testi connessi tra di loro da questo filo conduttore robusto e nello stesso tempo discreto, intimo, che è l’indagine attenta del vissuto dell’autrice, in particolare riferito alla madre, figura che in qualche modo si identifica nella contemporaneità di altre situazioni umane e sociali, dove è latente una sofferenza, un dolore più psicologico che materiale, dovuto a stati di abbandono, di nostalgia, di solitudine. Così la madre, vista seduta e vecchia, con le mani appoggiate l’una sull’altra, diviene simbolo, effigie di una umanità desolata, relegata in ambienti artificiali, dove vige solo il sibilo dell’aria condizionata, come in un supermercato, e l’unica parola che rianima questa madre/umanità è la casa, il desiderio di ritornarvi, di esservi di nuovo al centro, per avvertirne di nuovo la vitalità. E dunque l’autrice fa trasparire forse anche un velato senso di colpa in seno ad una società che destina i non più operativi ad un confine freddo e isolato, emarginandoli dalla quotidianità produttiva e misantropa.
Margherita Parrelli è poetessa vigile e sensibile, si esprime con una poetica minuziosa, efficace, non trascurando le cose minime, i sentimenti e gli stati d’animo anche i più sottili: non sfuggono nei suoi versi particolari apparentemente insignificanti (Il servizio da caffè / il macinacaffè il barattolo / da caffè la caffettiera / la tazza da caffè e il suo piattino…), ma necessari, indispensabili a descrivere il momento, il ricordo, la nostalgia del vissuto.
Il dettato poetico è del tutto personale, nel senso di unicità e originalità del dire, con uno studio indovinatissimo del modo migliore di esprimere contenuti densi e particolareggiati, facendo alternare, in una sorta di dialogo tra entità che si trovano su due piani psicologici, e persino fisici e temporali, diversi, con quelle connotazioni in corsivo che molto bene restituiscono le immagini e le situazioni, spesso contrapposte.
Un’opera poetica decisamente importante, per la caratura davvero elevata dei contenuti, ma anche per la struttura lirica, possente ma fluida, che, proprio grazie all’intercalare dei versi in corsivo, offre brevissimi ma significativi attimi di pausa, necessari per passare da un figurazione all’altra, da una dimensione spazio-temporale all’altra, al fine di apprezzare meglio tutto il complesso poematico, con un flusso lirico misurato e gradevole per il fruitore.



Il sibilo dell’aria condizionata

si aggira tra gli scaffali

riso verza verde pane burro spuma birra latte pasta

non so leggere le etichettature, necrologie superstiti

 

Sei disadorna

la gonna la maglia le scarpe la giacca

i capelli grigi corti parlano con la tua voce

di molte partenze e nessun arrivo

nello sguardo marrone, eppure domani vai

 

Corridoi lunghi

a vista rotoli di carta igienica appollaiata

bianca profumata violetta cuoricini stelline a fiori

pulisce meglio non irrita il retro pensiero delicato

 

La finestra tagliata a riquadri

è chiusa e piena di spifferi

il proprietario non ha avuto tempo

di cambiare gli infissi

e la polvere forma mulinelli

prima di raccogliersi nell’angolo

 

Il pavimento è chiaro

con qualche frenata nera di carrelli

detersivi ammorbidenti brillantati smacchiatori

per argento ottone legno acciaio marmo porcellana

 

Sono passati

quarantaquattroannitremesieseigiorni

stai seduta vecchia e appoggi le mani

una nell’altra

tu la sedia il tavolo la finestra a strisce

la luce di novembre

 

La carne impacchettata

rossa come il sangue

illuminata senza pietà

perché mai se ne dovrebbe avere

se mezzo chilo di filetto di maiale

non ha odore, non è che un nome

 

Sotto i piedi linoleum

del colore appropriato al tuo caso

il commiato

da strade palazzi lampioni

vento sui fili

spicchi di luna senza più spazio tra le nuvole

e una parola sola che rimbomba nella testa

casa

 

Il servizio da caffè

il macinacaffè il barattolo da caffè la caffettiera

la tazza da caffè e il suo piattino

non si può sbagliare

persino io riconosco i tre chicchi

che accompagnano l’offerta della settimana

dal primo all’ultimo giorno

 

Non hai una valigia al tuo fianco

ma una borsa nera appesa allo schienale

di quell’unica sedia dove sei

dove sei stata ogni giorno, mattina e cena

 

In un modo o nell’altro ho riempito il carrello

e ho fatto la spesa in questo primo giorno

non ho pensato quale fosse l’ultimo

mentre pagavo

 

                                             MIGRAZIONI

 

 


***

 

Cielo di latte illusione diffusa

nel caldo umido attaccato ai muri

tra le strade e le cime dei palazzi

appoggiati gli uni agli altri

si perde lo sguardo e trema

 

Dentro la leggera frescura della chiesa

le mani della suora ferme sul rosario

la tunica e il capo coperti di bianco

la penombra intorno ai passi

in cerca di acqua santa

 

Quanta attenzione nel fare le trecce

hai messo ieri notte prima di cadere

addormentata sul cartone

la valigia di plastica accanto

la bottiglia di birra rotolata via

 

Nel segno della croce si affretta

chi prega e sa come fare

intreccia le dita e la devozione

tra il marmo barocco dell’ambone

e l’oro dell’altare tornito

 

                                         PREGHIERE

 

***

 

Il fiore rosso con lo stelo nero

arriva nella busta bianca

il postino non sa e piega

la lettera nella cassetta

 

Non mi stanco di raccontare

la tua casa di cartone transennata

la tua pittura sotto il portico

la barba lunga il fornello a gas

per la cucina di strada

 

Sulla porta il mio cognome

lo stesso che hai scritto sulla busta

lo spazio di un mattino non dimenticato

la tua scrittura acuta e tormentata

 

Le mani sporche di colore

tengono lo spago

lo spago tiene la busta

il vento tiene i pensieri

i pennelli sul fondo di bottiglia

che mescolano i dubbi

 

Scendi con me al binario

la valigia non è grande

ma ha il cuore pesante

e aspettiamo insieme

il tempo che passa

qualche attimo appena

 

Mi sorridi ogni volta che mi avvicino

e mi sembra di conoscerti

così bene da potermi sedere

con te sul gradino del portone

e mangiare nello stesso piatto

 

Non conto più i chilometri

che ci separano

non è giusto non è umano

essere così lontani

con una fila di arrivederci

rimasta tra le mani

 

                                DISTANZE

 

***

 

Dietro il vetro ingrigisce la tenda

e gli alberi invernali nella strada

sono ombre affamate di freddo

 

Qual è la tua finestra

nell’onda di cemento che abiti

alveare sotto il sole cocente

 

Il letto è stretto di tormenti

e la stufa stiepidisce appena

la stanza della tua giornata

 

Un uomo col mandolino la cerca

cerca il segno della tua ombra

per iniziare la sua canzone

 

Come sarà la notte se il giorno

è già una fotografia in bianco e nero

un fruscio sotto il lenzuolo magro

 

Avrà bisogno dell’imbrunire

perché il suo canto trovi la tua luce

nel palazzo-dinosauro

 

                                    FINESTRE


Brani tratti dal libro Incontro, di Margherita Parrelli, La Vita Felice, 2022; prefazione di Marco Bellini.


Margherita Parrelli è nata a Roma nel 1967, dove si è laureata in Filosofia ed è tornata a vivere dieci anni fa, dopo quasi venti passati tra Gran Bretagna, Francia e Germania. In Germania vivono il figlio e la figlia, ormai ventenni.

Ha lavorato come freelance per il “Bayerischer Rundfunk”, la RAI, “Il Mattino” di Napoli e come insegnante di italiano alla Volkshochschule di Monaco di Baviera.

Attualmente si occupa di donne vittime di violenza e lavora come consulente familiare.

Ha pubblicato tre raccolte poetiche: L’orizzonte tra le mani (LietoColle, 2011), Falling Down (La Vita Felice, 2014), Penelope e Antigone - poemetto (La Vita Felice, 2017), arrivato primo al Premio Letterario Internazionale “Maria Cumani Quasimodo” e messo in scena come monologo.




lunedì 3 aprile 2023

Denata Ndreca: A nord delle mie costole

Nella poetica di Denata Ndreca, sensibile e prolifica letterata di origini albanesi, trapela in modo evidente ma liricamente ben modulato, il senso di appartenenza alle proprie radici e alla propria terra. Questo sentimento, molto forte, intenso, si riversa sovente, come leggiamo in molte delle sue composizioni del suo recente libro A nord delle mie costole (Bertoni Editore, 2023), nella quotidianità di una nuova realtà geografica e sociale, la Firenze che, divenuta per la nostra autrice una seconda patria, si sovrappone amorevolmente, pur senza cancellarla, all’immagine di Scutari, sua città natale in Albania.
Lei stessa afferma che la sua è una storia di ponti, intesa nel lavorare e progettare, sia socialmente ma soprattutto culturalmente e artisticamente, alla realizzazione di un ponte ideale che le permetta, nello stesso tempo, di affacciarsi alla nuova realtà italiana, pur conservando i suoi legami con la vecchia patria: lei si sente una piccola virgola che unisce due parti di due mondi. Mondi naturalmente diversi, per geografie, civiltà e culture, e che la nostra autrice è consapevole di dover in qualche modo integrare per poter affrontare la sua nuova realtà.
La sua poetica è dunque essenzialmente fondata sulle esperienze umane, sociali ambientali e sentimentali che la nostra autrice ha sperimentato lungamente, venendo in Italia, ma che però tiene conto delle radici indimenticabili e profonde della sua origine, le sue stesse costole, mentre nello stesso tempo traguarda un orizzonte nuovo, situato a nord, più distaccato dal proprio corpo.
Così, il corpo fisico, il suo cuore palpitante, le sue costole, si metamorfizza in un corpo ideale, rinnovato e arricchito dalle esperienze di vita, dai patimenti del distacco, dalle forti emozioni, dai nuovi progetti da affrontare, corpo che si integra completamente nella sua nuova patria, nella sua nuova città, Firenze, tanto da farle asserire che “Vi è qualcosa di meraviglioso nella lingua italiana. Qualcosa che mi rende dolce – questa vita anche quando mi è amara”. E ancora in una sua poesia intitolata “Gettando lo sguardo su Firenze” afferma: “A volte ti guardo e mi doni pienezza / di ciò che ero - sono - e mi sono persa. / A volte ti guardo come / non ti ho mai guardata / solo per dirti che ti ho subito amata. / A volte la voce mi si perde nei silenzi, / ostaggio di ombre - lungo cipressi”.
La Poesia di Denata Ndreca si snoda repentina, generalmente con testi molto brevi, quasi epigrammatici, ma nei quali fa convergere tutta la sua potenzialità emotiva, tutto il suo carico di passione e di intelligente lavoro di ricucitura fra i suoi due mondi, quello natio e quello attuale, nel quale, attraverso i ponti che lei stessa ha saputo costruire, riversa tutto il suo amore.


L’unica cosa alla quale non sapevo resistere -

era la tenerezza - capace di farmi saltare per

aria con lo stesso risultato distruttivo di una

violenza inaudita. Se in questi anni avevo

imparato a costruire dighe e bloccare il fiume

che scorreva dentro di me, a lei non avevo

proprio pensato. Capii che, avevo fatto un

errore enorme a non prevedere che, la

violenza o la tenerezza mi avrebbero portata

nello stesso stato: - la devastazione.

 

 ***

 

Scricchiola la sabbia nelle ossa;

sulla carta la matita

 scrivere – osa.

 

 ***

 

Senza terra

 

Ti ho tradita.

Un’altra terra

stringo tra le mie dita.

 

Essere ferita –

non sarà più una ferita…

 

Me lo disse la luna –

     la sera

che sono partita.

 

 ***

 

Lasciare un pezzo di pane

per chi ha fame –

 

all’angolo della strada qualcuno ci attende,

giù per le siepi ciotole riempite di acqua

per il cane randagio che ha sete.

 

Lasciare aperta una finestra -

per la luce che raggiungerà nella notte buia.

 

Lasciarsi andare verso l’altro -

             senza avere paura.

 

 ***

 

 

 

Taglia un pezzo dalla tela del tuo tempo

ovunque e con chiunque tu sia.

 

Taglia un pezzo di carta dal tuo taccuino

e lascialo divenire poesia.

 

Taglia un pezzo di carne e costola

intreccia mani, pelle e ossa.

 

Taglia,

taglia il mondo – ciò che dista

dalla tua alla mia costa.

 

 ***

 

 

 

Gettando lo sguardo su Firenze

 

A volte ti guardo e mi doni pienezza

di ciò che ero - sono - e mi sono persa.

 

A volte ti guardo come

non ti ho mai guardata

solo per dirti che ti ho subito amata.

 

A volte la voce mi si perde nei silenzi,

ostaggio di ombre - lungo cipressi.

 

 ***

 

 

Sono così lontana –

schiacciata da nostalgia.

 

Garofano di Scutari –

sigillo di anima mia.

 

 

 ***

 

La morte non viene mai da sola.

Sveglia tutte le cose morte

che dormono in noi.

 

Scappare non serve a niente,

devi solo fermarti, lasciare che

i venti accarezzino le ferite, se puoi.

 

 

 ***

 

Scegliere vuol dire

prendere degli schiaffi in faccia,

vedere chiudersi una porta

mentre tu stai per arrivare.

 

Scegliere vuol dire

rialzarsi dopo la caduta

e riprendere a camminare.

 

Scegliere vuol dire

diventare atlante,

tenere sempre sulle spalle e proteggere

il seme dell’umanità.

 

Scegliere vuol dire osare, amare.

Solo i vigliacchi vivono a metà.

 

 ***

 

 

La poesia è: il tempio dell’amore. È il respiro

pieno, l’attimo di pace. Qui, tra queste pagine,

un pezzo di infinito, un pezzo delle mie

tracce.

 

 ***


Vi è qualcosa di meraviglioso

nella lingua italiana.

 

Qualcosa che mi rende dolce –

questa vita

anche quando mi è amara.


Brani tratti da A nord delle mie costole, di Denata Ndreca. Bertoni Editore, 2023


Nata a Scutari, in Albania, nel 1976, Denata Ndreca è poetessa e giornalista. Vive a Firenze dal 2000. È autrice delle raccolte poetiche La ragazza del Ponte Vecchio; Tempo negato; Un faro nella nebbia; Senza Paura; Calicanto; Intorno a me; e dei testi di letteratura per ragazzi: I Giorni della pace (insieme a Ven. Phra Medhivajirodom); Sono io; La carrozzina magica. È stata tradotta in diverse lingue. Le sue opere hanno ricevuto importanti premi letterari nazionali e internazionali. Già insignita  del “Women for Culture and Peace” 2022. Si occupa di diritti umani. Ha collaborato con vari quotidiani e radio.




Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà