Dalle nostalgiche vedute del suo paese natìo, riflettendo sul rigoglio della natura fiorente sulle rive del Tanagro e meditando sulle incertezze di una cicogna nell’iniziare finalmente la sua migrazione, alle mestizie e alle ingiustizie di un altro mondo, quello più inumano e triste delle immigrazioni clandestine, Giovanni Bracco, attento giornalista di professione ma anche incisivo e colto poeta, narra in questo suo recente libro, Nocturnes, di sé e della realtà attuale con uno stile poetico intenso, appassionato e persino obiettivo, sempre mantenendosi sulle linee di un dettato misurato e propositivo, dove le immagini, le storie, i sentimenti, vengono imbrigliati sapientemente nei versi fortemente espressivi e diretti. La bontà della raccolta è ancor più confermata dall’universalità del dire, testimoniata dall’ottima traduzione in inglese delle varie liriche presenti: una traduzione che non inficia il significato intrinseco dei testi ma anzi ne rafforza l’efficacia e la fruizione da parte di lettori internazionali, vista anche la drammaticità dei contenuti, specie quelli riguardanti il fenomeno dell’immigrazione.
Ne riportiamo qui di seguito alcuni esempi, invitando i nostri lettori ad esprimere ulteriori graditi commenti in merito.
In cucina
a Graziano Conversano
Si confondono i giorni. L’eguaglianza
di questo terso avvio di gennaio
le percezioni assidera. In cucina
il pavimento prima del balcone
è un trapezio in massetto di cemento
con schegge di piastrelle colorate:
un invito alle stelle. Non previdi
l’assenza di una bussola, un sestante.
Lo specchio
Lo schermo specchio nero dell’ipad
riflette una mia immagine abbronzata,
pochi dettagli, solo gli occhi stanchi.
La piattaia, con le pentole sbreccate
rosse, celesti, gialle alla parete
di fronte mi descrive fedelmente.
Ritta sopra una lingua di fanghiglia
libera dalle tife e dalle canne
nelle acque impigrite del Tanàgro,
una cicogna tarda,
solitaria, a migrare. Ed io non so,
scrutandola dal ponte accarezzato
da un venticello fresco a fine ottobre,
se attenda uno stormo di passaggio
o guardi le colline
sulle quali è poggiato il mio paese
dai gradoni verdastri,
umido nonostante il sole pieno
del suo stendardo, delle lunghe estati,
come io le guardo prima di partire.
Mi cura ogni ritorno ed è un dolore.
(dalla sezione “Birds” – Uccelli)
***
Ora che si è calmato e il movimento
delle onde mi culla in superficie
nemmeno un poco, troppo divergenti
le forze in campo in mezzo alla tempesta.
Voi non saprete mai se è la pietà
del mare o la sua cieca indifferenza
ad avere risolto ogni mia pena
e qualche desiderio ormai sfibrato.
Interratemi coi vestiti miei.
Dalle tasche germoglieranno datteri
semi d’acacia, miglio e di basilico.
(dalla sezione "The dark night of the soul")
Ero pronto a sgobbare sui cantieri,
non a schivare il sibilo
delle cinghiate. Quando gli scafisti
hanno intuito la fine imminente,
ci hanno frustato per buttarci a mare.
Nel tumulto di lingue,
di urla, sangue e sale
non so se la manovra
di alleggerimento sia riuscita.
Ho soltanto provato
ad ingoiare l’ultima bestemmia,
anzi, ho sorriso a Dio. Ma non so
se questa immensa quiete
sia esattamente il premio promesso
senza il bacio sugli occhi di mia madre.
(dalla sezione "The dark night of the soul")
qualcuno aveva un sacco o un tappeto,
muoveva l’adunata
mesta e disarmata.
Non ci guidava un patto
sulla terra futura.
Sull’autocarro in mezzo alla colonna
non c’era l’arca, non c’era alleanza.
Per noi rappresentava
solo un riferimento occasionale
all’esodo composto,
pagato al prezzo delle nostre case,
in Siria, bombardate,
senza acqua, nel nome
di un dio che non poteva
guardare, se ha un senso
l’alto comandamento:
non nominarlo invano.
Signore, però, vedi la mia mano
che si aggrappa al canotto.
Il sale mi corrode.
Forse abbiamo guardato troppo in alto
e il varco è là sotto.
(dalla sezione "The dark night of the soul")
Il serpente
Mi hanno visto strisciare, la baracca
di lamiera, in Libia, era aperta
ma non riuscivo a entrare per le botte.
Di là dal mare ho ritrovato il padre
e la violenza ormai è una spoglia secca.
Possiede anche il serpente un privilegio:
lascia la vecchia pelle e si rigenera.
Giovanni Bracco è nato a Polla (Sa) nel 1961. Poeta e giornalista, vive a Roma, dove è capo della redazione dell’agenzia Il Sole 24 Ore Radiocor. Sue poesie sono state pubblicate in quattro raccolte edite da La Vita Felice di Milano: Le grandi mani calme (2015); Il nostro tempo (2017); Il mare mi ha deposto dalla croce, Mediterraneo, poesie (2019); Sull’orizzonte dei binari in fuga, Carme famigliare (2020).
Sue poesie sono state tradotte in inglese e in spagnolo e sono state pubblicate su varie riviste letterarie internazionali.
Ha quattro figlie, coltiva le lettere e la musica su uno Steinway & Sons del 1938 e su un clavicembalo che ha costruito per lui Urbano Petroselli. A Polla abita nella casa di famiglia, possiede una vigna e un piccolo uliveto.