"…Ma conosceremo
un giorno / il lato oscuro delle cose?", si chiede Raffaele Urraro
nella poesia che apre la sua recente raccolta "Il lato oscuro delle cose", edita da RPlibri di Rita Pacilio.
Sono gli ultimi due versi della poesia che costituiscono dunque il pilastro, il
concetto assolutamente perentorio, urgente e nello stesso tempo immane, del
pensiero filosofico dell'autore, di cui è pregno tutto il contenuto del libro.
In effetti l'intento è davvero arduo, complesso e finanche avventuroso, sia dal
punto di vista figurativo, che da quello del contenuto e della trama fortemente
filosofica, se vogliamo, e questo intento è anche chiaramente esplicitato
nell'introduzione dello stesso Urraro, quando afferma che le poesie raccolte in questa silloge ruotano tutte attorno a un
concetto che riflette il senso più profondo che io attribuisco generalmente al
fare poetico: il tentativo di scoprire il vero significato delle cose.
Il vero significato delle cose che ogni uomo di una certa
sensibilità e capacità critica introspettiva, ha sempre cercato, fin
dall'antichità, studiando, valutando, elucubrando sui misteri della natura e
del mondo, costruendo sistemi filosofici e ipotizzando le teorie più svariate
sul perché ultimo della vita e del cosmo. Le scienze, come la fisica, la
matematica, la chimica, l'astronomia, hanno attraverso i secoli
"sistemato" in qualche modo "il lato oscuro delle cose",
risolvendone e chiarendone gli aspetti, le modalità e le reciproche interrelazioni,
anche se tantissimi quesiti sono tuttora senza risposta: si tratta di un
continuo e forse asintotico avvicinarsi alla verità ultima del cosmo, che
probabilmente resterà irraggiungibile. Ma le risposte agli eterni interrogativi
dell'uomo non fanno che "spostare" il senso profondo più in là, fino
ad affermare con Urraro: "non
abbiamo penetrato delle cose / il seme più interno / e inesplorabile":
la verità ultima, il seme più interno, rimane inesorabilmente un traguardo
irraggiungibile!
D'altra parte c'è il ripiegamento sull'ineffabilità, sulla
spiritualità, sulla religione, sulla fede in qualcosa che sta al di là della
nostra comprensione umana, della nostra razionalità e della nostra materialità.
L'uomo primitivo si è sempre rifugiato in qualche modo in quegli ambiti per
dare "un senso alle cose", all'esistenza, ai perché del creato.
Quelle domande sono ancora attuali, e l'ambito religioso ancora le accoglie
rispondendo all'uomo con i canoni della fede.
Ma qui si tratta di penetrare ancora di più nel seme
interno, nel nocciolo delle cose, cercando di fare a meno quanto più è
possibile della sicurezza offerta dalla fede o da una qualsiasi religione.
L'uomo-Urraro non si accontenta delle risposte primarie date dalla scienza o
anche dalla religione, considerandole quasi propedeutiche ad un fine
escatologico ancora più misterioso, lontano, vago, confuso, indeterminato:
"… e gira e gira (la stella) / fra le strade scorticate del cielo / fu
attratta da un buco nero / che la travolse e ingoiò / come fosse una mela / e
noi siamo fatti / della stessa sostanza delle stelle", cioè a dire: se
l'annichilamento ci prenderà tutti, come se fossimo prima o poi inghiottiti da
un buco nero, cosa ipotizzare della nostra esistenza effimera? del nostro senso
di esistenza e del senso di tutte le cose?
Se lo scienziato o il religioso, attraverso le sue ricerche
e la sua fede, trova comunque un senso nelle cose, o perlomeno cerca di
"sistemare" il "suo" universo utilizzando i vari tasselli
fisici, matematici e spirituali, fino a formare un quadro, un mosaico
abbastanza completo, esaustivo e soddisfacente dell'esistenza, il poeta invece
va oltre. Il poeta necessariamente, proprio in quanto poeta, deve andare oltre.
O meglio, deve scendere in profondità o risalire le vertigini del creato,
cercando di varcare se non proprio di scardinare gli usci dell'incomprensibile
e dell'inconoscibile, in tutti gli ambiti: fisici, matematici, religiosi, e
persino trascendentali. La parola è la sua arma principale, e Raffaele Urraro ben
lo sa: "Si scava nel senso delle
cose – afferma ancora nella sua puntualissima introduzione – o, per dir meglio, nelle cose per scoprirne
il senso, armati soltanto dello strumento della parola, quella che in effetti
ci fa vivere e soffrire…".
Dunque la poesia, la poesia fatta di parole appropriate a
descrivere l'ineluttabilità, il rovello interiore, il dubbio, la speranza,
l'amarezza, la disillusione che prende l'uomo ogniqualvolta si avvicina a dare
un senso alle cose, a spiegarsi cos'è questa esistenza terrena, perché nasciamo
e poi moriamo. Dice il poeta-Urraro: è la parola poetica che ci sostiene e che
può legare "…l'anima a una stella,
facendola vibrare come vibra un fiore…"; e "solo così una cosa può vivere / e morire / perché questo è alla fine /
il magico potere della parola".
Il libro di Raffaele Urraro è importante e interessante,
perché apre a dibattiti e approfondimenti ulteriori, di carattere filosofico ma
anche scientifico e religioso, su quanto da millenni l'uomo, prima timidamente
e poi sempre con maggiore determinazione, avendo conquistato gli strumenti
adeguati, si è sempre chiesto: cosa siamo, da dove veniamo e dove andiamo? Ci
sarà mai svelato questo senso oscuro delle cose e del creato? La conclusione
che Raffaele Urraro ci propone è, apparentemente, quella di vivere cercando noi
stessi di dare un senso alle cose, anche
se le cose, spesso, un senso davvero non ce l'hanno! Altrimenti – dice sempre Urraro – vivere in un universo senza senso ci porterebbe diritti allo sconforto
o alla depressione.
Ed ora proponiamo qui di seguito alcuni testi tratti da
"Il lato oscuro delle cose", invitando i nostri lettori ad aggiungere
ulteriori graditi e interessanti commenti o riflessioni in proposito.
Il lato oscuro delle
cose
Mentre ascolto una musica
coperta lievemente da veli variopinti
sento che la mente si accartoccia
nelle sue emozioni
anche l'aria che sembra stonata
nello stormire delle foglie
vibra di incerte tensioni
ed io cerco di scoprire
cosa dice quella voce
che parla la lingua
indecifrabile e arcana
della natura
ma conosceremo un giorno
il lato oscuro delle cose?
L'onda del mare
Ritrae l'onda stanca la sua lingua
dalla riva in attesa
chissà da dove viene
chissà dove ritorna
in quell'andare sconvolgente e inquieto
poi l'onda si alza e se ne va
per le immense praterie del mare
senza neanche sapere
se ti ha lambito la mano
e ti lascia lì
chiuso nel tuo silenzio
dubbioso e confuso
mentre guardi con l'occhio socchiuso
l'orizzonte lontano che confonde
Il dramma della
clessidra
L'abisso è un imbuto e ha la forma
della parte superiore della clessidra
quella da dove scendono
i granelli del tempo e ciò che resta
delle nostre illusioni e attese
mentre la parte inferiore
accoglie le scorie
e le nientifica come neve al sole
e nell'abisso cadranno anche le stelle
quando finirà la sua forza
il moto che le spinge e tira
Il tempo del trapasso
Cosa muore quando un uomo
saluta e se ne va
o se ne va senza neanche salutare
perché non ha la forza o il tempo
di guardare al futuro
né al presente?
se ne va portando nell'ombra che l'involge
un sogno che svanisce
o il senso annullato delle cose
ma forse davvero il tempo del trapasso
è un attimo
un attimo che arriva sempre in anticipo
e lascia nell'aria
un senso di sospensione che stordisce
***
Il senso della vita
Come le stelle deflagrano
e polvere e luce disperdono
nello spazio vuoto
così partiremo da questo luogo
verso un orizzonte che sa
di buio e di nulla
non ci resta che dare un senso
a questo segmento di vita
che s'accorcia giorno per giorno
ora per ora
momento per momento
io ci riesco
perciò non ho paura
né timore
di contare le stelle
ogni sera
***
Il poeta
(Ad Arthur Rimbaud)
Una volta dicevo
"mai un poeta
riuscirà a dire
quanto è grande il
mondo"
ora dico
"mai il mondo
riuscirà a ripetere
ciò che ha visto un
poeta"
Il terzo occhio
sprofonda nei punti più lontani delle cose
navigando finanche
nelle oscure profondità del buio
Chi lo sa?
Alla fin dei conti
nessuno può dire
di essere penetrato
nelle oscure profondità
delle cose della vita
abitiamo per anni
nella casa della nostra esistenza
o
come dice il filosofo
nella casa dell'essere
e quando con la valigia pronta
piena di certezze
partiamo diretti al solo
vero infinito che conosco
allora cade il velo dalla nostra mente
e il tutto ci disvela
: non abbiamo penetrato delle cose
il seme più interno
e inesplorabile
chi sa dire perché e come
all'improvviso
parte il destino incomprensibile di un seme?
Raffaele Urraro, "Il lato oscuro delle cose",
RPlibri
Raffaele Urraro è
nato a San Giuseppe Vesuviano (Napoli), dove tuttora vive ed opera. È
poeta, scrittore, saggista, critico letterario. Dopo aver insegnato italiano e
latino nei Licei, ora si dedica esclusivamente al lavoro letterario.
Ha pubblicato numerosi libri di poesia, tra i quali,
ultimamente, Ero il ragazzo scalzo nel
cortile, Marcus Edizioni, Napoli 2011; La
parola incolpevole, Marcus Edizioni, Napoli 2014; Bereshit – In principio, Marcus Edizioni, Napoli, 2017.
Tra le pubblicazioni di saggistica ricordiamo La fabbrica della parola – Studi di
poetologia, Manni Editore, 2011; Giacomo
Leopardi: le donne, gli amori, Olschki Editore, Firenze, 2008; Questa maledetta vita – Il romanzo
autobiografico di Giacomo Leopardi, Olschki Editore, Firenze, 2015; Le forme della poesia – Saggi critici,
La Vita felice, Milano, 2015.
Ha pubblicato inoltre opere di cultura popolare e, in
collaborazione con Giuseppe Casillo, molte antologie di classici latini per il
triennio delle Scuole Superiori (Loffredo, Napoli) e la Storia della
Letteratura Latina (Bulgarini, Firenze).