Mai stanco di procedere in profondità nelle sue indagini sui comportamenti dell’attuale società mondiale, specialmente in riferimento alla letteratura e alla poesia, Ivan Pozzoni, eclettico poeta nonché grande e solerte promotore di nuove idee e pensieri filosofici e letterari, e perché no?, anche di carattere sociale ed economico, propone un suo recente lavoro letterario, che è in sintesi una raccolta di poesie, ma vuole essere anche, e forse soprattutto, una modalità diversa di fare e intendere la poesia, giusto come egli stesso afferma nelle sue lunghe e dettagliate prefazioni. Il titolo della raccolta, Kolektivne Nseae, edita da Divinafollia nel 2024, vuole appunto suggerire questo suo diverso approccio al mondo della poesia, facendone un’analisi personale molto accurata e dettagliata, considerando in particolare le problematiche ad esso legate, e cioè l’autoreferenzialità di molti autori, le correnti poetiche, le difficoltà da parte dei lettori nell’interpretazione della materia poetica, con la conseguente insorgenza di una sorta di “malattia” e di distacco da essa.
Il titolo della raccolta è in polacco. Letteralmente, Collettivo di “Nuova socio/etno/antropologia estetica”, il che sintetizza, come dicevamo, tutto il progetto letterario dell’autore, che tocca, appunto, anche spondeo sociali, etnografiche e antropologiche.
Caronte, in riva al lago
Seduto su una roccia, in riva alle
acque turbolente
macchiate di ricordi del mio Lete
lacustre,
mi tramortisco col rumore ombroso
delle onde
che cantano dei miei vent’anni,
d’amori e attese blande.
Cerco un Caronte astioso e ansante,
che meni la mia barca sui fiumi
d’Occidente,
rodato dosatore d’ansiolitici,
seduta stante,
scorbutico maleducato, rude
bifronte.
Cerco un Caronte, un Caronte vero,
temerario consulente abituato a
transumanze d’ogni genere,
con remi, barba stanca,
obolo di scorta che difenda
all’arma bianca.
Seduto su una roccia, rinvio a
domani
l’insulsa immaturità delle mie
mani.
***
Rogito ergo sum
Preda di un brutale scollamento tra
Bund e BTP,
senza che ci tragga in salvo alcun
modello CCCP,
la nuova parola d’ordine è
investire sul mattone
che con il crollo delle borse
inter-stellari ogni risparmio è un’illusione.
Se la banca ci concede un mutuo
bisogna levare alti i nostri tedeum
e scaraventarci a scegliere tra un parquet
o un linoleum,
nascono, come funghi, agenzie
immobiliari ogni due m²,
immobiliaristi dall’occhio bovino
che ci costringono a diventar mezzadri,
decerebrandoci in attività tipo il
misurare una chaise longue,
con i neuroni ancorati a Malta come
le navi di una Ong.
Lo Stato feudatario c’accorda lo ius
primae casae
nuovi acquisti e ristrutturazioni
sono adito d’ukase,
chi riesce, a fatica, a svincolarsi
dal contratto d’affittanza
è bandito dalle liste del reddito
di cittadinanza,
e avrà l’onore di finire a fare il
barbone
con il culo sul divano davanti alla
televisione.
Monolocale, cantina, bilocale, box,
trilocale
cantori, senza ascensore, abituati
a far le scale,
cerchiamo, allucinati, di non
finire in uno slum,
al grido unanime di rogito ergo
sum.
***
Dacia
Le aquile marciano sulle strade
della Dacia,
in testa l’imperator Marco
Ulpio Traiano
ha costruito una Romania aliena
dalla fiducia,
meglio l’avesse organizzata
Vespasiano.
Chi credeva che l’ordo militaris,
fosse sostituito dall’ordo
consumaris,
dopo secoli di cambiamenti
tra pesti, recessioni e
sbeffeggiamenti?
L’ordine mondiale è il dominio di
una manciata
di miliardari difese da una munita
barricata
i nuovi schiavi saranno tutelati da
una scudisciata,
non dal Grande Fratello Vip o da
una tv codificata.
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