“Viaggio spesso, non torno sempre”: è l’esergo che apre la raccolta, ed è forse qui incentrato il progetto poetico del nostro giovane autore. E ancora specifica: “frase scritta su un muro di Roma”. Come anche nei testi successivi, Michele Zacchia non usa un titolo ma in calce a ciascun brano inserisce un luogo, una data, una modalità che completa e chiude il brano stesso. Un modo originale che forse solo pochi altri poeti sono abituati a utilizzare.
Ma tornando al contenuto di questa interessante raccolta, è opportuno soffermarsi un attimo sul titolo, Il taccuino dell’ospite. Qui, è evidente l’intenzione dell’autore di raccogliere tutta una serie di osservazioni, “annotandole su un taccuino”, durante il suo, o i suoi, viaggi o spostamenti da una città all’altra, da un luogo all’altro. Non si tratta, evidentemente, di viaggi inventati o immaginari, ma effettivi, reali: il percorso naturalmente è casuale, ma ciò che è essenziale è l’acutezza delle riflessioni, dei pensieri e delle emozioni che l’autore sa molto bene cogliere da queste esperienze e dai luoghi che ha attraversato.
L’itinerario che sottotraccia risulta dall’attenta lettura della raccolta non è però, beninteso, un mero reportage di viaggio: è anzi, al contrario, la sorgente necessaria e vitale che offre all’autore l’opportunità di esprimere la sua vis poetica, delineando versi e brani da angolature, prospettive e modi di indagare, percepire, osservare, fortemente personali ma che spiccano e risaltano dallo strato superficiale continuo e monotono di una realtà che appare lontana, disgiunta dall’anima dell’autore. Tale operazione rende i testi della raccolta percepibili e condivisibili da tutti, perché l’autore pur partendo da segnali emotivi che gli suggeriscono i luoghi e i momenti del suo itinerario, ne sublima e ne codifica il contenuto, arricchendoli con allusioni, ricordi, trascendenze. Michele Zacchia dimostra infatti di possedere un’ottima padronanza della parola e del dettato poetico, riuscendo a creare con i suoi versi un caleidoscopio di immagini e di sensazioni, laddove la parola, o anche l’intero sintagma, ha uno spessore semantico davvero eccezionale.
Proponiamo ai nostri lettori, qui di seguito, alcuni brani tratti dalla sua raccolta.
La cristalliera ottuagenaria che ti abita
in sala ne sa più di noi in fatto di.
Ne riconosci le ante legnose e intarsiate,
tutte mature. Decrepite se le guardi meglio.
Il vetro cascante col disegno del
fiore papavero, finto e consunto.
D’altri tempi questa cristalliera, obsoleta immobile.
«È Art Nouveau!» diceva tua nonna,
tu non l’ascoltavi, dicevi «brutta come lei»,
rancida nell’osso. In questo incastro fuori moda
la pretesa di superare il passato.
L’oggetto di un lessico famigliare che t’accorgi
di allontanare, sei finita al mercatino,
l’hai data via in cambio d’aria.
casa di
sconosciuti, Città del Vaticano
***
In questo albergo-cimitero
che inscatola le vergini del nuovo settembre,
richiamo alla spada i miei vecchi amici. Mi
piacerebbe commuoverti coi versi, in
falde acquose minacciose, profonde
le dita nella gastrite melmosa delle tue pareti.
Poter curare le ferite del giovane solstizio
misurandoti le ginestre al braccio, discernere
se non tutti, almeno i buoni annunci, da
gli alberi del corso che respirano l’aria piombo.
Nella forma dell’urbano caos stringere a me stella,
coi palmi tesi attendere la tua discesa.
stazione
ferroviaria di Ostiense, Roma
***
Esiste nella gente una tutta superficie
di versi e galanterie periferiche, snodati
come note di luce al firmamento, liberi
dalle schiavitù grasse del rumore. Svegliare
i piccoli col nome, e dormirli grandi, senza
età di numero. Matematica consuetudine
di crescere diversi. Com’è sembrare sangue,
cadere in goccia scendere, rotolarsi nelle garze
per asciugare. In queste immense giornate ci
risponde il cielo che posa a terra il suo splendore.
Morirsi: è lasciare incedere il passo al sangue,
penetrarsi commiserazione, stringere le
palpebre al buio. A tenere la natura ferma
nel suo intento non c’è modo e spazio-tempo.
Santa Maria
Capua Vetere, dove sono nato
***
Oggi ti rileggo Roma, e vivo nelle strade il tuo
corpo di ferro. Nella tradizione si fa ombra
l’età eterna, quando andando verso sud,
si fa nuda la stirpe che è Storia.
Nel ventre delle tue origini è ancora fresca l’orma
del bianco, l’orto, il Giardino appena sotto. Nella
Cappella più segreta la meraviglia dell’arte è il tuo
donare. Lungo il corso d’acqua teverino la gazza
che incontro mi è amica, l’occhio nero
è il richiamo del pesce:
ho come una sensazione profonda di
appartenerti nel centro.
bus 781
direzione Piazza Venezia
***
Nel giorno più isolato dell’estate, è l’ombra del
vulcano spento a sentire la mancanza delle rive. La
mitologia
matura nelle brame dei tuoi desideri. Il celeste cielo
celeste
è sfigurato nelle braccia.
L’immaginario della consolazione, sotto la sfera del
disfare,
non si definisce il mare, sconfinato nelle bestie delle
onde,
e il travalico del selvaggio rende obliquo tutto il dentro
del mio petto.
camera tua
***
Sia il verbo di fronte il cono d’ombra del silenzio,
trillante nelle vesti del discorso, nei vecchi
proverbi, nella provincia dei tuoi fianchi, e la rosa,
tempestiva fioritura del mese. Senti il nome dell’ospite?
Richiama l’attenzione dell’organo, e il pulsare,
l’infezione,
tutti oggetti incauti nello scavo. E ancora l’ospite si
annida
si ritrova: germe del contatto. Recipiente in vetro
soffiato,
profondo nel trasparire:
si ospita l’ospite, da sé, nello scrigno della premura.
Nella gabbia toracica un riflesso, è luce incastrata a
tasselli:
elenca precisa le ronde notturne senza più strada.
un posto in
cui non sono mai stato
non so se farò ritorno
Brani tratti da:
Michele Zacchia, Il taccuino dell'ospite, RPlibri, 2024; introduzione di Antonio Bux
Michele Zacchia (Santa Maria Capua Vetere 1999)
vive a Roma. Ha conseguito la laurea in Lingue e Culture Moderne all’Università
degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa, e recentemente all’Università
degli Studi di Roma “La Sapienza” nel Master di Editoria, Giornalismo e
Management Culturale. Ha frequentato l’Universitat Autònoma di Barcellona e il
Chichester College. Copywriter, redattore, traduttore. Collabora e ha
collaborato con numerose testate giornalistiche, tra cui The Wise
Magazine e il quotidiano La Libertà di Piacenza. Il
suo principale impiego in ambito culturale è legato alla Fondazione Maria e
Goffredo Bellonci – Premio Strega, con la quale collabora per l’organizzazione
di eventi culturali. Ha pubblicato La Teoria del cerchio (Controluna,
2022), e sue poesie sono state selezionate e pubblicate su varie riviste
online, tra cui L’Altrove – Appunti di poesia. Già curatore di un
manuale di test universitari, ha tradotto un testo in lingua spagnola di Juan
De Ávila, Memorial Segundo.
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