martedì 14 gennaio 2025

Il "Banchetto con melagrana" di Maria Benedetta Cerro

 

“Banchetto con melagrana nasce come esperienza totalizzante della poesia, che accompagna alla ricerca espressiva e linguistica quella interiore e umana. Negli affetti e negli incontri è la sua manifestazione più profonda”. 
Così esordisce nelle note introduttive del suo recente libro di poesie, Maria Benedetta Cerro, autrice tra le più note e importanti dell’attuale panorama poetico nazionale. Il titolo della raccolta, edita da Gottifredo in Alatri (Fr) nell’ottobre dello scorso anno, “Banchetto con melagrana”, richiama subito il tema primario del suo progetto poetico, ben sviluppato nel libro, e che appunto in questa sua dichiarazione preliminare può essere riassunto. La melagrana è qui verosimilmente simbolo di una unione tra unità distinte: i chicchi, numerosi e succosi, all’interno di un unico grande guscio che li contiene e li raccorda. Analogamente, il banchetto è simbolo di unione e riunione familiare e amicale, laddove tutti i membri di una famiglia o di amici condividono attorno ad un desco imbandito gioia, emozioni, sapori e calori umani.
Nulla di più consono, dunque, nel titolo, a indicare e narrare, attraverso la poesia, le sensazioni e le emozioni molteplici, ma anche i ricordi (molte poesie sono dedicate a incontri, testimonianze, paesaggi e personaggi che hanno animato la vita poetica della nostra autrice in questi ultimi anni), che, come i chicchi del melograno, rivivono sulla pagina, autonomamente ma intimamente collegati.
La poesia, anche qui, è veicolo eccelso di emozioni e di sentimenti, e Maria Benedetta è maestra sublime nel rievocare momenti di intensa affettuosità nei confronti di amici, parenti, persone incontrate in vari ambiti e occasioni letterarie: rievocare e dedicare, come solo con la poesia più alta è possibile, e quella di Maria Benedetta lo è sicuramente, pennello poetico fine e profondo, in grado di attraversare la corporeità delle immagini e dei lineamenti, giungendo fino al candore dell’anima, sapendone poi cogliere gli angoli e gli aspetti più celati, le caratteristiche e le inclinazioni più riposte. Con versi che hanno un alto gradiente lirico, e che attingono a fonti di elevata cultura classica, ma anche versi che si distinguono per una propria originale struttura e tensione propositiva.
Il libro in versi di Maria Benedetta Cerro è un’opera d’arte completa: i segni, la scrittura, il dire, si integra perfettamente con le immagini, le foto, i disegni, in un tutt’uno gradevole, luminoso e saporito. Come una grande melagrana da gustare tutti insieme in un banchetto.

Qui di seguito alcuni brani tratti dal libro.


Serata ferentina

(per Europa Festival, la Concretezza, Ferentino 1998)

 

Alle forme vaghe delle cose la penna

del poeta dà concretezza, all’aereo nulla

egli dona abitazione e nome.

(William Shakespeare)

 

Ho percorso una sera le parvenze del tempo indolore

la ferentina quiete della pietra

che sa di essere abbraccio e levità.

Si stringevano ai fianchi le gentili porte

infittivano i lumi

all’andare calmo di vestale.

Dall’abside solenne

faceva largo intorno il canto della Musa

– le spedite caviglie sui ruvidi selciati

compagne le stagioni perenni e le caduche

il tempo che le pietre e i poeti

fissano entro i limiti angusti di uno zero

o nel dilatato impero del respiro celeste –

Una sera tra le calme mura ferentine

mi agitava un canto indifeso

che spartiva in due l’unità dell’anima

tra infanzia negata e maturità punita.



***

Banchetto con melagrana               per Italo Scelza

 

Ascendeva. Tracciava un’ellisse di fuoco.

La notte temeva il suo corallo

e fuggiva sui capitoli della grazia

come svincolata da nodi prigionieri.

 

Così venne a me l’Angelicato

salendo dal giardino degli ornelli e dalle croci

dei fuochi di Sant’Ambrogio.

Venne a significare l’ascesa

a sciogliere i legacci dei sandali alla luce.

Prima che l’estate ardesse nei suoi riti

indossammo i bracciali dei Masai

e sull’aia battemmo le spighe dell’Averno.

A Supino / una sera / cinquanta candele in un catino di rame

fini fini pomodoro e basilico e notte nei bicchieri.

Ci perdemmo e rinascemmo nomi.

I corpi si sciolsero nell’acqua azzurroverdemare.

Poi la casa contaminata

ospitò i limoni / salvati dagli ovali dei banchetti

nei letti si distese il sole

e la notte si perse nei colori.

Restò la danza dei merli / dove mai più tornò l’Angelicato

e neppure sull’aia battemmo più le spighe dell’Averno.

 

***


Incontro a Nocera                per Carlo Di Legge

 

Fu degli incontri il multiverso.

Breve e lungo

come sono gli attimi che hanno in un lampo il tutto.

Si animò della febbre di Rubina*

della serata carbonara

nella piccola casa labirintica di scale e di soppalchi

– che fu alloggio e vino condiviso

da poeti e giovane cantante –

Ci lasciò la stanza – Carlo – e dormì chissà dove.

L’indomani riscoprimmo il tango

il rito e la regola del gesto

la lingua segreta del sentire

un inizio di tristezza farsi danza.

Sopraggiunsero versi

di qualcosa che è stato e che ritorna

d’archi trafitti da rondini chiaroveggenti

e un Trenta novembre**

che ha fermato tutti i calendari.

 

* Rubina è Rubina Giorgi, filosofa;

** Trenta novembre, poesia di Carlo Di Legge in Multiverso, puntoacapo Ed. 2018



***


Maturità – Autunno – TERRA

 

È grembo

madre

e donna.

Sa che spesso si fugge – complici gli incontri –

ma sempre e soli a lei si torna.

Così si dispare

col dirsi a mente che tutto finisce

e quel che è stato per lo più non conta.

Così le braccia scordano gli abbracci

gli occhi la carezza dei volti

e il sorriso non è utile ai morti.

Il giorno oggi è di poco più breve

ma nel sangue è il tempo di ieri

e dall'anima la luce

in silenzio / si separa.

Conosco i segreti della terra

la vita che perisce e le sue resurrezioni

i tradimenti / le promesse / le separazioni.

Ciò che passa

passa sul corpo con ruote di carro

e tu – alba – sorgi già orfana del mio respiro.

Ma il brindisi è rosso

e il tramonto dai rubini a goccia

pende dai lobi delle finestre a fiori.




Maria Benedetta Cerro è nata a Pontecorvo (1951) e risiede a Castrocielo (FR).
Ha pubblicato: Licenza di viaggio (Premio pubblicazione, Edizioni dei Dioscuri 1984); Ipotesi di vita (Premio pubblicazione “Carducci – Pietrasanta”, Lacaita 1987), nella terna dei finalisti al Premio Città di Penne; Nel sigillo della parola (Piovan 1991); Lettera a una pietra (Premio pubblicazione “Libero de Libero”, Confronto 1992); Il segno del gelo (Perosini 1997); Allegorie d’inverno (Manni 2003, nella terna dei finalisti al Premio Frascati “Antonio Seccareccia”); Regalità della luce (Sciascia 2009); La congiura degli opposti (LietoColle 2012), premio “Città di Arce”; in collaborazione con Sergio Vecchio Poema del merlo cacciatore (Libri del merlo, Nola 2014); Lo sguardo inverso (LietoColle 2018); La soglia e l’incontro (Edizioni Eva 2018); Prove per atto unico (Premio pubblicazione “Vincenzo Pistocchi” Macabor 2023). È presente in diverse antologie, tra cui: Poeti del Lazio, a cura di R. Pellecchia, Forum Quinta Generazione 1988; Melodie della terra, a cura di P. Perilli, Crocetti 1997; Secolo Donna 2020, a cura di Bonifacio Vincenzi, Macabor 2020. Nel marzo 2019 le è stato dedicato il n° 69 della LETTERA IN VERSI, Newsletter di poesia di BOMBA CARTA, bombacarta.com/leattività/lettera-in-versi. Nel luglio 2022, esce da Macabor Editore, a cura di Bonifacio Vincenzi, il Volume Sesto relativo ai POETI DEL CENTRO ITALIA, la cui parte monografica le è stata dedicata con il titolo “Quando la parola trema di eternità”.
Interventi sulla sua poesia sono apparsi su testate giornalistiche, riviste e testi critici, quali: Frammenti di un discorso amoroso nella scrittura epistolare moderna, a cura di A. Dolfi, Bulzoni 1992; La parola ritrovata. Ultime tendenze della poesia italiana, a cura di M. I. Gaeta e G. Sica, Marsilio 1995; G. Linguaglossa, Appunti critici, Edizioni Fabio Croce-Edizioni Scettro del Re 2002; La Ciociaria tra scrittori e cineasti, a cura di F. Zangrilli, Metauro 2004; Amerigo Iannacone, Nuove testimonianze. Interventi critici, Edizioni Eva, 2005; R. Pellecchia, Con le parole/Oltre le parole. Saggi di letteratura contemporanea, Metauro 2007; R. Scrivano, Letture e Lettori. Appunti di critica letteraria, Metauro 2010; R. Pellecchia, D'Annunzio musicus / ed altri saggi con appendice leopardiana, Sciascia Editore 2018.
La sua poetica, accanto alla ricerca espressiva e linguistica, si sviluppa negli ultimi anni intorno al concetto di Sguardo inverso, in relazione alla realtà e all’interiorità, pervenendo alla rappresentazione della Città poetica, come incontro tra identità e alterità.

Maria Benedetta Cerro, Banchetto con melagrana, Gottifredo Edizioni, Alatri 2024, Progetto grafico e interventi manoscritti di Antonio Poce.




giovedì 5 dicembre 2024

Mariano Ciarletta legge Patrizia Fasulo: La fatica della boccia, Emia Edizioni, 2021

Nella silloge La fatica della boccia spicca un ricercato equilibrio semantico e la volontà di non rinunciare all’essenzialità della parola (Agamben, 2022). Patrizia Fasulo declina la fatica, intesa non soltanto come fenomeno-condizione, in modo sorprendentemente eterogeneo. La fatica è infatti la melanconia che chiude i pensieri, la memoria che sopravvive al corpo che cede, ma anche la comunanza che sussiste tra il meticoloso lavoro dell’insegnante e quello del contadino. Una fatica che, lasciando l’azzurro delle prime pagine, diviene cupamente ostruzione, impedimento e, soltanto nelle battute finali, liberazione: Persino le lacrime/solcando il viso/ si ramificano/in mille percorsi. La fatica di Fasulo, tuttavia, trova accoglienza nella gioia che deriva dal ritrovo-rimembranza: Per un attimo ti ho rivista/con l’alluce sbucciato/capelli ricci e scarmigliati/correvi nei campi di grano/felice perché libera di essere/Eri proprio tu/ Ero proprio io. Alcuni componimenti dell’autrice varesina disvelano un valore significativamente esperienziale. Ne sono un esempio le stesse partenze e gli stessi arrivi, i quali anticipano una fuga - fazzoletto di tempo. Ma è proprio questo un passaggio significativo, in quanto è nel ritorno che l’autrice si riscopre – con matura e nostalgica lucidità –  troppo giovane per essere vecchia/troppo vecchia per essere giovane. La fatica di Fasulo trasmuta ancora – ed inaspettatamente – in esigenza di libertà. Ciò si verifica nel corpo statico/ che fatica a sopportare il dolore, o nel parto-nucleo della fatica stessa: Tacendo/veniamo alla luce/ un istante dopo/ abbiamo già imparato il pianto. Nelle poesie successive, la scelta di ricorrere frequentemente alla metafora si rivela pienamente ragionata. Il suo impiego, infatti, consente al lettore di cogliere le diverse sfumature che caratterizzano il senso di “fatica” sui cui si erige l’intera silloge. La fatica diviene allora attesa-pretesa, presenza non vista, una schiena voltata. Tale condizione è più avvertita nel distacco dalla realtà imposto dalla pandemia dove, come un contadino privato del suo campo, Fasulo confessa una genuina nostalgia alla propria professione: Tutto è deserto/ Mi assorda un silenzio surreale/ Non avrei mai immaginato/ che le vostre indisciplinate urla/ potessero mancarmi così tanto/ Coraggio ragazzi/ ci rivedremo presto. Una poesia, dunque, dove si collimano  eventi personali e collettivi. Molti dei versi di Fasulo, infatti, sono ampiamente condivisibili, specie quando la fatica si manifesta Declinando/ un’esistenza in cui si deve, a volte, rimanere fermi a fatica.


Ai miei maestri

 

Il lavoro dell’insegnante

è simile a quello del contadino

richiede cura e fatica

tempo

e costanza

 

Si prepara il terreno

Si semina

si dà acqua

né troppa per non affogare la pianta

né poca per non seccarla

 

Si tolgono le erbacce

per dare respiro

Si protegge dalle intemperie

Si attende pazientemente

Si godono i frutti

 

 ***


Fazzoletto di tempo


Fuggii da casa

a diciotto anni

come un prigioniero

evade dalla galera

 

Maggiorenne

diplomata musicista senza musica

insegnante senza penna

innamorata dell’amore

 

Una distrazione disattenta

mi strappò dall’innocenza

Troppo in un fazzoletto di tempo

Troppo per una bambina divenuta donna

 

Quarant’anni dopo

ritorno

tra quelle quattro mura

non più galera ma rifugio

 

Frugo nelle tasche della vita

il fazzoletto è ancora lì intriso d’amarezza

 

Troppo giovane per essere vecchia

Troppo vecchia per essere giovane

martedì 26 novembre 2024

Carlo Di Legge: "Buenos Aires Benares", la sua nuova raccolta poetica trilingue

 

Carlo Di Legge, poeta, filosofo, critico conosciuto e apprezzato in ambito nazionale, ha affinato in questi ultimi tempi i suoi studi e le sue ricerche letterarie grazie alle esperienze di viaggio che gli hanno permesso di conoscere nuove culture e nuove realtà. Pur essendo un poeta di grandissimo talento, non ha pubblicato molti libri, ma i pochi che ha realizzato sono sicuramente molto intensi e rappresentativi del suo pensiero poetico. Multiverso è stata la sua opera poetica precedente più significativa, ma tantissimi testi suoi sono raccolti in siti online e in riviste specializzate.
Ora giunge a questa voluminosa pubblicazione trilingue: italiano, inglese e spagnolo, Buenos Aires Benares, edita da Delta3 Edizioni di Silvio Sallicandro.
Dice lui stesso alla fine della nota introduttiva: I testi poetici sono una porta: essi nascondono e mostrano significati, come la poesia dovrebbe. Ritengo che sia qui concentrato il nucleo e anche lo scopo del suo dire poetico. I testi poetici, come fantascientifici portali cosmici, aprono varchi verso altre dimensioni, altre realtà, altri modi di intendere e di significare. Qui già nel titolo ravvediamo – e con maggiore evidenza proprio nella prima poesia “Buenos Aires, Benares” – un collegamento diretto tra due città, due realtà distanti migliaia di chilometri l’una dall’altra: Buenos Aires in Argentina e Benares in India. Il gioco di parole, l’allitterazione, è evidente, ma il fondamento consiste proprio nella contemporaneità di due realtà sociali e culturali distanti, unite dalla poesia.
Questa contemporaneità, questa dualità suggerita dal titolo, si espande però in una sorte di nuovo Multiverso, dove la potenzialità creativa di Carlo Di Legge si manifesta nei suoi testi che raccontano, raffigurano, portano alla luce quadri e visioni le più variegate, raccolte nelle 9 sezioni del libro, dalle riflessioni in ambito sentimentale (della vita dell’amore) alle considerazioni sulla vita e sulla morte (il viatico), alle trasposizioni storiche (Isso 333 b.c.).
L’universalità del detto – e del non detto, o sottinteso (ritornando al fraintendimento come cosa utile e necessaria in poesia…) – è completata qui dalla esposizione nelle tre lingue, curata direttamente dall’autore. Un esperimento rischioso ma ben riuscito, come afferma lo stesso Carlo Di Legge, affrontando una letteratura particolarmente insidiosa e ardua da praticare. Ma, tant’è, il nostro Carlo, avvalendosi degli studi e delle esperienze maturate nell’ambito delle lingue estere, in particolare l’inglese, lo spagnolo e finanche il cinese, ha ritenuto quasi necessaria l’autotraduzione, completando così un quadro poetico che veramente potrà essere interpretato e vissuto in modo globale!

Il libro è stato presentato nell'ambito della Rassegna "Poesia è... Rinascenza" di Melania Mollo e Giuseppe Vetromile, l' 8 novembre 2024 a Pollena Trocchia (Na).

martedì 5 novembre 2024

Il Libro del Fuoco in "E S S E", poema di Massimo Monteduro

È sorprendente, e lo affermo con grande soddisfazione e piacere, constatare che sovente la poesia non è costruita su meri moti dell’anima, su ispirazioni improvvise o su dettami e impulsi segreti che premono e urgono e che volentieri si cerca di esternare con versi più o meno significativi. A volte capita di trovarsi di fronte ad un edificio poetico costruito ad hoc, in base ad un progetto ben delineato, con elementi specifici, anche minimi, che si integrano l’uno con l’altro.
È il caso di Massimo Monteduro, salentino, che si presenta al pubblico con questa sua originale raccolta edita da RPlibri di Rita Pacilio, il cui titolo, E S S E (ma andrebbe scritto, come in copertina, ES / SE) dà adito a diverse interpretazioni, psicologiche e filosofiche, incentrando nella radice “es” il significato forse più importante, e cioè la natura dell’io, la sua forza interiore, atta a creare.
Ma tornando alla raccolta, è interessante notare come lo stesso Autore esponga, in modo dettagliato e puntuale, l’origine e il percorso del suo progetto poetico, nato negli anni della sua gioventù, poi interrotto, ed ora ripreso, ma conservando sempre l’idea e il filo conduttore originario, e cioè quello di creare un Poema unico, sviluppato in più capitoli o libri, e attualmente ancora in formazione, tanto è vero che lo stesso Monteduro assicura nelle sue note esplicative la volontà di continuarlo.
E quindi, dopo “Il principio” e il “Libro del Buio”, elaborati tra il 1992 e il 1994, come spiega nelle sue note (Percorsi), Monteduro giunge a quest’opera, il “Libro del Fuoco”, strutturato in 7 parti: un Prologo, Canto della Rosa, Canto dell’Arancio, Canto dell’Oro, Canto del Carminio, Canto della Viola, Epilogo, abbracciando diverse tematiche inerenti all'esistenza, alla vita, ai sentimenti.
La struttura poetica di ciascuna parte o canto, è sempre la stessa: si tratta di uno schema metrico innovativo, originale: il distico saturnio (recuperato, come afferma l’Autore nelle note, da un antico metro latino), il che assicura un ritmo gradevole e armonioso. Qui sta l’ingegno poetico dell’Autore, che ha voluto, appunto, creare questo Poema, utilizzando un metro del tutto originale e appositamente rielaborato allo scopo, motivo questo di grande intuito e di lodevole apprezzamento, nei confronti di chi, come Monteduro, “ingegnerizza” il dettato poetico dotandolo di una struttura valida, bene organizzata e studiata, anziché affidarsi a schemi liberi, generalmente deboli e improvvisati.
Qui di seguito proponiamo per i nostri lettori una parte della raccolta, il "Canto dell'Oro".

Canto dell’Oro

(24 agosto 2018 – 31 dicembre 2021

 

Il sole adora oceani d’ambra sommergendo

l’umanità raggiante di luce d’oro.

 

Reami di opulenza colmano le vene

inquiete di conquista, bramando avanza

 

la giovinezza. Profanando lidi un tempo

proibiti le legioni dell’alterigia

 

il Leviatano innalza verso il predominio.

Gli scrigni imperscrutati dell’Ideale

 

si schiudono dall’universo iperuranio.

Il limite si infrange di territori

 

e popoli, diademi, lingue, riti e vesti:

Vittoria alata celebra l’uomo nuovo

 

di sé splendente, seme libero e fecondo,

materia e forma sinolo nell’ebbrezza.

 

Rinascimento sorge intrepido e possente

a sovvertire il dogma dei monasteri

 

purificando conoscenza da segreto,

per rivelare al centro del cosmo il sole.

 

Necessità rivolve in volontà liberta.

Misura della terra, sezione aurea

 

e circolare perfezione delle membra

dell’individuo artefice di fortuna

 

che signoreggia la natura, e più non trema

dinanzi al drago antico di tuono e d’ombra.

 

Da baratri dipinti di bagliori stelle

si svelano da immense distanze, lente

 

agli occhi assorti di colui che finge abiura

ma non rinnega il muoversi della terra.

 

Le dita dell’umano e del divino unisce

l’artista nel prodigio della creazione,

 

superba mente mutilata di prigioni.

Vampando verso il disco che d’aura inonda

 

perenni monumenti erigono nazioni.

La coppa indora il nettare, lumeggiando

 

veggenze chiare di tessuto e d’equilibrio,

clessidre d’elio, fibre di seta e gioia,

 

virtù dell’intelletto ed onestà gentile.

Muraglie azzurre incolumi caravelle

 

traversano nella scoperta dell’ignoto

intatto mondo, splendido e sterminato.

 

Il genio ha sete del sapere universale

di macchine, sorrisi d’enigma e rocce,

 

in sé ascoltando i ritmi della luce, l’onda

nel tempo di attrazione e di repulsione,

 

i volti umani di colline, boschi e fiumi.

Lo spirito manipola la materia

 

e sfiora trasparendo i limiti del vero

nel telo primordiale della creatura

 

vivente. Rifulgendo osceno il riso incendia

l’autorità di tenebra e i suoi comandi,

 

la freccia meridiana ascende nella gloria

mortale di frammenti d’eterno. Amico

 

dolcissimo che ascolti, verso solitario,

ricordi la fiducia nel tuo sentiero,

 

il tempo in cui appariva tutto una promessa,

il luogo in cui speravi la tua dimora

 

per sempre. Età preziosa quella che pretende

ed osa trasgredire nella Bellezza.

 

Sfidando audacemente il vuoto delle altezze

per le onde dell’oceano vertiginare

 

sicuri del futuro nelle proprie mani,

così come la vela cattura il vento.

 

Amore fonde l’oro nel fatale anello:

in strenuo duello avverse alla finitezza

 

si avvincono dai corpi le anime ferventi

tentando l’impossibile superarsi

 

ben oltre il tempo ostile e l’insensato spazio.

E credono per sempre d’amare, invase

 

dall’assoluto. Di passione folleggiando

romantiche e dimentiche della sorte

 

precipitano all’orizzonte degli eventi.

Sfinite sino a morte si struggeranno,

 

non più individue e pure non ancora une.

L’Aedo canta l’Epica degli Eroi

 

nei circoli del mito, in guerre, in traversate:

esilio, nozze e oltraggio del sire in campo,

 

colui che vide le profondità tra i fiumi,

le stirpi di Bharata, le torri d’Ilios

 

infrante dal veloce piede poi trafitto,

il fuggitivo prode verso l’Italia

 

e la liberazione della città santa,

il libro dei regnanti di Ghazna persi,

 

il cavaliere dalla pelle di leopardo

e l’olifante al soffio dei paladini,

 

i canti del rabab, il viaggio in occidente,

i figli della nebbia, Gesar e Manas.

 

Fu d’oro il vello della nave costellata

e il tempo del ritorno dal sole d’oro

 

strappato fu ai compagni stolti di nessuno.

Dioniso divora nei ditirambi

 

oranti, questo è il mezzogiorno della vita

che culmina! Potenza conflagra in atto

 

ed il reale soggiogato si concede

all’uomo nel Pensiero del Fuoco acceso.

 

Carpire l’attimo eternato dal vanire

in sogno abbacinante di perfezione,

 

rovente nei barbagli del sublime zenit […]

Eppure il male intruso già presagire

 

nell’astro che la ruota amara alla rovina

prepara, l’aspro odore del sangue in petto.

 

Massimo Monteduro, ESSE, Libro del Fuoco, RPlibri Edizioni, 2024

Massimo Monteduro è professore ordinario di diritto amministrativo presso l’Università del Salento e avvocato. Appassionato di poesia sin da bambino, ha vinto nel 1992 il Certamen Horatianum e il Premio di Poesia “Luigi De Donno”. Il Libro del Fuoco è la sua raccolta di esordio. L’opera costituisce la seconda parte di un più vasto poema in corso di composizione intitolato: ESSE



 

giovedì 31 ottobre 2024

Il bene profondissimo, di Antonella Vairano

Il rischio che un poeta deve affrontare è alto quando il tema che lo ha “ispirato” è piuttosto usuale e generico. Sta quindi nella grande esperienza e nella maestria dell’autore a non scivolare in espressioni e versi già ampiamente e a volte anche superficialmente esposti, in composizioni che rasentano la piattezza del significato e che non hanno nulla di nuovo e di originale da suggerire. Il bene, l’amore, la bellezza, e altri valori universali come questi, sono argomenti che potrebbero facilmente indurre il poeta a scriverne cadendo, più o meno inconsapevolmente, nell’ovvietà se non nella banalità.
Ma non è certo il caso di Antonella Vairano, poetessa di grande talento, che ha voluto affrontare questo delicato argomento con la sua recente silloge Il bene profondissimo, edita da Controluna e con una dotta prefazione di Sergio Daniele Donati. Già il prefatore pone l’accento sul luogo comune “bello uguale buono” e viceversa, rimarcando la convinzione classica che l’estetica sia legata all’etica. Ma qui la nostra autrice riesce a distinguere, a separare in un certo senso tale assioma, trattando direttamente il fondamento del “bene”, tanto da raggiungerne la profondità: il bene profondissimo: un assoluto che non ammette paragoni rispetto ad altri piani emotivi, non concede alternative più o meno blande. Il bene profondissimo è il raggiungimento di una consapevolezza interiore tale che “Se una parte dell’amore / ha seme assoluto / Se una parte dell’invincibile / ha labbra scarlatte / E se una parte del volo / ha correnti uniformi / Allora io sarò nella pace della Vita.”
La poesia in questo caso è anche strumento di ricerca, di indagine nel proprio vissuto, nella propria intimità, allo scopo di individuare i segreti messaggi che provengono dalla realtà circostante e, soprattutto, dalla rielaborazione di questi nel proprio io, al fine di raggiungere un equilibrio e una gratificazione alla propria esistenza nel mondo.
Ma la poesia di Antonella Vairano riesce talmente a raggiungere il cuore delle cose e della natura, da evidenziare con coraggio anche la negatività, ciò che è opposto al bene profondissimo e che crea delusione e anche dolore: "La bellezza mi fa male / come un altare di rose /claudicante": tutta l'espressione è ossimorica, ma riesce in tal modo a sintetizzare in modo appropriato l’altro lato del bene, il pericolo di affidarsi ciecamente alle prime impressioni superficiali, nei rapporti con il mondo e nella società, in cui non sempre il bene è veritiero e schietto: “L’ho messa (la vita) nella mano degli altri / e quella stessa mano / di perdizione e scostamento / mi preparava cristalli affilatissimi / sotto i piedi. / Ci ho messo un attimo a farmi male”.

Qui di seguito alcuni brani poetici tratti dalla sua raccolta:

 

Un attimo

 

Se una parte dell’amore

ha seme assoluto

 

Se una parte dell’invincibile

ha labbra scarlatte

 

E se una parte del volo

ha correnti uniformi

 

Allora io sarò nella pace della Vita.

 

Ho parlato al cielo senza guardarlo

mentre davo sussulto al mio ventre

di grano.

 

Ho cavalcato lo sciabordio di

arabeschi di carne

e ho sovvertito la tensione

in quiescenza.

 

L’ho messa nella mano degli altri

e quella stessa mano

di perdizione e scostamento

mi preparava cristalli affilatissimi

sotto i piedi.

 

Ci ho messo un attimo a farmi male

 

 ***

 

Sorgivo

 

Ho fatto un sogno.

 

Abitavo il cielo

tenevo giù la fronte

mi affamavo di vento.

 

Il soffio ammorbava le cervella

e il corpo pesava quanto l’anima.

 

Qui c’è troppo di me – pensavo.

 

E ti chiedevo... stai ancora un po’

in questo spazio sorgivo.

 

E se puoi

scuoiami di splendenza

interiore

nell’attimo calmo che fa conto pari

con la buona sorte.

 

 

 ***

 

Il sole e la luna

 

E comincio dalla fine

perché un verso scritto di notte

è diverso al mattino

 

E perché morire dal ridere

non è uguale al morire d’amore

 

E comincio dalla fine

perché l’uomo che parte

non è lo stesso quando torna

 

E comincio dalla fine

perché il Sole e la Luna

non sono la stessa cosa

 

E la loro somiglianza

del resto

nasce nel gesto

 

E comincio dalla fine

perché avere tutto di giorno

diventa niente

al cielo delle stelle.

 

 

 ***

 

Ormeggi

 

Io so e io non so

concupiscenti e concubine

queste voci del terzo millennio

tutte nella testa.

 

A forza di tirare su gli ormeggi

non c’è più niente che non urli,

 

Nemmeno la Bellezza.

 

Questa fame d’aria e di cilicio

questa macchina umana infame

questo corpo senza sogni

 

È come il terrore di uno squilibrato

che respira aria di violenza inquieta

sui capelli sottili e biondi

di un bambino mentre parla.

 

 ***

 

I Poeti

 

Amo la grandezza dei poeti

solo se è stata miseria

 

non ho paura di dio

è l’ignoto che conosco

e non mi nascondo

 

Non mi sento corpo,

testa, stomaco.

 

Sono appartenenza e…m’aggiungo

 

Come si può non amare il mare?

Come si può non amare il sangue lento

dei poeti?

 

Nelle acque di mare

quel che succede di notte

è scura circostanza d›amore

 

E l’onda instancabile ripete

l’odore crudo dei santi

e la bestemmia

furiosa del poeta!


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Antonella Vairano, Il bene profondissimo, Controluna Edizioni, 2024, prefazione di Sergio Daniele Donati.

 

Antonella Vairano nasce e vive a Conversano, città d'arte e di storia a pochi chilometri da Bari. Ha conseguito diversi riconoscimenti a Premi letterari nazionali e internazionali. Coautrice in diverse antologie di poesia contemporanea nazionali ed internazionali. Suoi testi sono stati tradotti in inglese e spagnolo. Le sue poesie sono presenti in diverse riviste letterarie e pubblicate su diversi quotidiani (Il Quotidiano di Bari, La Repubblica-Bari...), su siti on line (Versante Ripido, Atelier Poesia...) e blog (anche americani). Ha ricevuto importanti recensioni da parte di critici e poeti. Sue pubblicazioni: 29 Note Poesie (Youcanprint, 2018); Il mondo s’è fatto male, con prefazione di Maria Grazia Calandrone (Csa editrice, 2019). Ultima  pubblicazione Il bene profondissimo (Controluna-Edizioni di Poesia, 2024). Gestisce il “Circolo letterario Vento Adriatico”, con cui promuove e organizza eventi culturali. Fondatrice e caporedattore del Blog “Circolo letterario Vento Adriatico” per divulgare la poesia, la narrativa, la traduzione.




Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà