È ciò che è accaduto proprio ad Avigliano Umbro, alla fine dell’aprile scorso, durante il Festival della poesia a Fortezza Alta.
E dunque uno dei tanti bravi poeti che venivano dall’estero, nella fattispecie dalla Romania, è proprio Adrian Suciu, del quale qui volentieri riportiamo alcuni testi poetici tratti dal suo libro Testi in apnea.
Si tratta di una raccolta omogenea che evidenzia la grande propensione dell’autore per le argomentazioni di carattere privato ma che hanno sicuramente un largo interesse sociale. Versi in apnea perché forse soffocati, o trattenuti, da una società globale che sovente si mostra conformista e abitudinaria, appiattendo o denigrando quelli che sono gli afflati di uno spirito creativo quale quello di un artista o di un poeta, che non vede ostacoli alla libertà di esprimere sentimenti ed emozioni anche forti, ma sinceri e schietti.
La poesia di Adrian, in questa raccolta, è diretta, e in molti tratti è anche simbolica, laddove il simbolismo maschera una realtà cruda e ipocrita, sia nei confronti del sentimento, dell’amore, e sia in ambito più squisitamente sociale, come nelle realtà quotidiane di questa nostra martoriata epoca.
Del resto Adrian da esperto giornalista, oltre che da poeta, riesce a cogliere lacerti di negligenze, storture e ipocrisie nel tessuto della società, non solo romena, ma anche globale, e ne individua poeticamente i capitoli principali, utilizzando un linguaggio idoneo, asciutto, ricco di allusioni e velatamente ironico.
Un libro di poesie, quello di Adrian Suciu, che coinvolge emotivamente il lettore, dandogli l’opportunità di riflettere su tanti temi umani e sociali che la “poesia in apnea” cerca di far emergere in superficie dell’anima.
visione
dicevi: hai gli occhi grandi
e maestri nel comporre il fumo!
vedevo fuochi leggeri
sul bordo della luna, capivo perché
il mio braccio scottava
ti racconterò, pensai, delle erbe
uno dei vecchi amanti delle barche
ancora consente i canti del vento
sulle banchine
la gioia si arrampica sugli specchi
fino al mattino…
nel sogno troveremo una luce fredda
che
ci intaglia e ci abbandona
ti vedrò accanto al mio corpo nudo;
ti dirò:
per questo lui manda le ombre
assetate di giovinezza
ai lunghi pioppi
per questo il mio riposo diventa
ebrezza e
davanti a essa dovresti zittire!
madre
Mamma, ti porteranno notizie su di
me
i mercanti stranieri;
loro passano la dogana con
impudenza, io non ci riesco ancora!
Guardo da vicino la terra, mi piace
che
tu passi, annerita dall’erbe,
ti canteranno di me le sorgenti
essiccate, io non ricordo
il loro canto.
Raccolgo il mio corpo come se
tirassi un’ancora cieca
dal mare; è chiusa a chiave la
nave, madre
il montante invecchia e il suo buon
legno,
disceso sui fiumi del Nord, mormora
preghiere.
Le piogge che tu ascolti
ininterrottamente scriveranno
di me sulle tue finestre
Scoprirai che
passo le mie notti
sul terreno stanco. Gli uccelli
della primavera
annusano il frutto. Il sole legge
le rughe del mondo,
Non li capisco, non li vedo…
un tempo gentile
C’è una velocità cruenta intorno.
Una rapidità dura e tagliente.
Non si trova un appiglio. Il freddo
fulmineo invade
il petto
come i piccoli fiori che invadono
gli occhi di coloro che sfuggono.
Le vibrisse del gatto rosso
inquadrano un paesaggio con
passanti e ruote. I depositi azzurri
pompano i treni, giorno e notte.
L’erba non germoglia in fretta. La
velocità viene dal diavolo.
Ma arriverà anche un tempo gentile
e l’amore si assesterà.
la donna della città laggiù
Ho conosciuto una donna che odora
di latte
e ha il sapore di lamponi. L’ho
salutata
e ho conosciuto una donna che odora
di pioggia
e ha il sapore di acero.
Il Consiglio dei Saggi mi ha lodato
per le donne
che ho conosciuto, mi ha nominato
Colui Che Sa Fiutare e mi ha dato
una fascia color visciola
da mettere sul petto. Mi hanno
chiamato l’Assaggiatore
e mi hanno mandato come
bibliotecario nella città laggiù.
Qui ho una fotografia con mia
madre, una locusta impagliata
e una pelle di vitello.
Da qui passa solo la donna
che odora di legno bruciato e ha il
sapore di cenere.
dell’amore
Dell’amore parliamo solo in
sordina, come due angeli
che dubitano del Padre. Dormiamo lo
stesso sogno
come se fosse la stessa carota
mangiata dai due operai
della fabbrica dove si lavano le
carote. I nostri gatti
sono diventati cani, le nostre
pulci sono diventate libellule.
Un diavolo nero pizzica le mucche
da dietro e loro danno il latte
che noi beviamo. Si sa che gli
stupidi
muoiono più spesso dei saggi.
Per questo, per amore
scegliamo soltanto la saggezza.
la memoria delle cose perse
La poesia è il prolungamento della
mia mano destra.
Se dovessi perdere la mano destra,
la poesia
diventerebbe il prolungamento della
mano sinistra, in memoria
della mano destra. Se dovessi
perdere la mano sinistra
e se dovessi perdere ancora, la
poesia si avvicinerebbe
di più a me.
In memoria delle cose perse.
Brani tratti da:
Adrian Suciu, Testi in apnea,
Edizioni I Quaderni del Bardo, 2023.
Traduzioni dal romeno di Roxana
Lazar e Valeriu Barbu.
Noto giornalista, collaboratore di numerose testate, editorialista e produttore di programmi televisivi, Adrian Suciu è attualmente presidente della Sezione Stampa Culturale dell’Unione dei Giornalisti Professionisti della Romania e presidente dell’Associazione Culturale Direzione 9, la più potente e attiva organizzazione privata in Romania dedicata alla poesia. È un importante promotore culturale, organizzando eventi letterari e artistici, campi di creazione, i festival nazionali e internazionali. Nato nel 1970, è considerato uno degli scrittori più importanti emersi dopo la caduta del comunismo in Romania. Autore di romanzi, poesie e drammaturgie, i suoi libri hanno una diffusione notevole e hanno più edizioni. Ha vinto numerosi premi letterari nazionali e internazionali. I suoi scritti sono stati tradotti in arabo, ebraico, inglese, francese, tedesco, italiano, ungherese, spagnolo, ecc. È presente in numerose antologie di letteratura romena contemporanea pubblicate in Romania o all’estero.