È un libro complesso, un diario, un lungo racconto a cielo aperto, senza remore, senza ma, senza formalismi, sia nel contesto e sia nelle modalità di scrittura. È un libro totalizzante.
Già il titolo, come dicevo, è quanto meno indovinato ad esprimere un quadro molto dettagliato degli ambiti emotivi e sentimentali della famiglia dell’autore, attraverso una serie di storie in cui le figure della madre, del padre, del fratello e persino dei nonni, sono messe in luce soprattutto nel rapporto psicologico e affettivo nei loro confronti. Ne risulta un racconto che, proprio in virtù dell’esaltazione affettiva, l’autore ha sapientemente costruito utilizzando sia la modalità narrativa che quella poetica, essendo consapevole che una sola delle due forme non sarebbe stata sufficiente ad esprimere la sua totale potenzialità emotiva. In effetti, si può affermare che tutto il libro, anche se la maggior parte dei brani sono in prosa, sia fortemente poetico, in quanto tutti i testi hanno sicuramente, almeno, il gradevole flusso della scrittura in versi.
Ma ancora più interessante, e originale, è l’interazione tra l’autore a altri pregevoli poeti che hanno dato il loro contributo immedesimandosi nella figura della madre, del padre, del fratello, del nonno: Francesca Del Moro, Giorgio Linguaglossa, Gianpaolo Mastropasqua e Vittorino Curci, Gabriella Musetti. Non una semplice prefazione o introduzione, ma una vera e propria interferenza, in senso più che positivo, di questi validi poeti nella storia e nei familiari dell’autore, ponendosi essi stessi in prima persona al centro di vicende personali analoghe: un’operazione ben riuscita, un’integrazione che valorizza ancora di più tutto il contenuto del libro.
Anche il linguaggio di Jonathan Rizzo, in questo libro, è immediato, diretto, privo di filtri ipocritamente etici e morali, ma specchio sincero di un pensiero e di un cuore che non ama le false convenienze, gli stereotipi, le formalità, il melenso perbenismo. E qui la poesia, che sia in versi o che sia più distesa nei brani di narrativa, risalta come polla d’acqua cristallina in un deserto di falsa umanità.
01. Io Credo Tu Usi Soliloqui
(I.C.T.U.S.)
Dalla finestra della corsia d’ospedale
svetta la cupola del Brunelleschi.
Non potremmo essere maggiormente malati di fiorentinità.
Gigli amari m’ingialliscono le mani.
Appoggio la testa al vetro
stanco come un gargoyle di pietra
schiaffeggiato dalla pioggia a raffica.
Cerco la pace in una preghiera laica,
ma le mie parole sono sconnesse.
Le vedo opache,
non riesco ad afferrarle.
Così che neanche questa notte
il mio Dio mi comprenderà
e potrà salvarmi.
Sono condannato ad un’altra notte sconfinata
di cui non capisco lo scorrere del tempo.
***
04. IO e LEI
IO, l’ho uccisa IO.
IO con la mia assenza,
con la mia indifferenza.
L’ho uccisa IO
con il mio silenzio sordo
mentre LEI mi parlava, mentre urlava.
L’ho uccisa IO
non riuscendo a camminare sui ponti,
facendoli saltare in aria.
L’ho uccisa IO
non sapendo lavorare per denaro,
ma bruciandolo ai raggi solari
alle pazze notti barcollanti nei locali lunari.
L’ho uccisa IO
in fuga per il mondo.
In fuga da LEI,
sempre più lontano da LEI,
senza una cartolina, una telefonata,
un abbraccio, il calore del ritorno.
L’ho uccisa IO, il figlio.
Ventre secco di serpenti in grembo.
IO L’ho uccisa ed adesso non c’è più, LEI.
Mia madre Patrizia.
Mes grand-parents
L’amore ai tempi della terza classe (Epilogo)
Autunno 2017 a neanche tre giorni di distanza l’uno dall’altra dopo una vita insieme lunga molte vite, oltre le loro di figli e nipoti, inseparabili come hanno vissuto, si sono spenti i coniugi Angelo Rizzo ed Annamaria Gasperi in Rizzo. Qual è l’ultimo pensiero prima di morire non è dato saperlo. Si pensa ancora prima di morire? E se sì, lo si può comunicare con l’ultimo sguardo vigile e febbrile, lascito di una vita intera? Ai vivi rimangono solo i ricordi e racconti. Forse anche ai morti.
Brani tratti da:
Jonathan Rizzo, Anamnesi famigliare, puntoacapo Editrice, 2024
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